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Monitoraggio delle esigenze della vite: nuovi strumenti a disposizione delle aziende

Fonte articolo: Rivista "Uva da tavola"
Intervista a Gianni Manca (AGQ Labs e Technological Service)

 

Si moltiplicano gli strumenti a disposizione delle aziende agricole per monitorare le esigenze di acqua e di nutrienti. L'obiettivo è sviluppare un metodo capace di migliorare l'apporto dei fertilizzanti.

 

Tra i tanti percorsi di miglioramento della gestione agronomica delle colture attraverso il supporto delle moderne tecnologie, si sta diffondendo da ormai diversi una modalità di nutrizione basata sulle informazioni raccolte monitorando le esigenze di acqua e nutrienti nel corso di tutto il ciclo vegetativo. Per conoscere più nel dettaglio questo approccio alla nutrizione, abbiamo raccolto le considerazioni di Giovanni Manca, responsabile agronomico Sud Italia del centro tecnologico AGQ Labs e Technological Service, una multinazionale presente in 20 paesi nel Mondo che si occupa di analisi applicate al monitoraggio e alla nutrizione.

CONTROLLO, MONITORAGGIO E NUTRIZIONE
Su cosa si basa il vostro servizio?

AGQ lavora per valutare le necessità nutrizionali della pianta in tutte le sue fasi fonologiche: in pratica durante tutta la campagna controlliamo le necessità di acqua e nutrienti della coltura con l'obiettivo di correggere l'irrigazione e la


quantità di fertilizzanti da apportare, che deve essere ovviamente in funzione della domanda della pianta stessa. Con questo controllo la pratica agricola diviene innanzitutto più sostenibile, perchè riduciamo al minimo i lisciviati che contaminano le falde acquifere e distruggono la struttura del suolo, giungendo nel contempo ad un risparmio del 30-40 % nella quantità dei fertilizzanti utilizzati, ad una migliore produttività della pianta ed una maggiore qualità della frutta. Questo processo di controllo e di monitoraggio nutrizionale si fonda sull'analisi delle soluzioni circolanti, estratte attraverso l'utilizzo di sonde lisimetriche a suzione che intercettano la soluzione circolante di diverse profondità radicali. In particolare sull'uva da tavola lavoriamo a 30 e a 60 cm, quindi viene messo in campo un doppio lisimetro per ogni punto di controllo che ci permette di determinare la qualità della soluzione circolante nella zona radicale più attiva.


Spieghiamo che cosa è un lisimetro.

Il lisimetro è una sonda, un tubo con una capsula porosa, che viene messa alle diverse profondità e che opera per depressione. Una volta effettuata la depressione all'interno del lisimetro, quest'ultimo lavora come fosse una radice, perché intercetta e assorbe la soluzione circolante. Attraverso questo strumento possiamo analizzare chimicamente la qualità dell'acqua che si trova nel terreno. Questo viene fatto durante la campagna con un ciclo di 5-6 campionamenti a seconda delle fasi fenologiche. Quindi, per ogni campionamento che viene effettuato, noi analizziamo la soluzione fertilizzante per capire anzitutto le condizioni di partenza e se stiamo lavorando con conducibilità elettriche che la pianta può sopportare o meno. Calcoliamo i pH, i bicarbonati e tutti gli elementi della nutrizione della soluzione fertilizzante. Acquisendo questi dati, attraverso lo studio delle soluzioni circolanti alle diverse profondità, valutiamo in che modo la soluzione di partenza fertilizzante si è modificata nel suolo. Una volta entrata, infatti, la soluzione fertilizzante interagisce con il terreno (interazioni chimiche e fisiche) e con le radici della pianta. Queste ultime utilizzano gli elementi nutritivi presenti nella soluzione. Se nel terreno ad esempio giunge una soluzione nutritiva con una concentrazione in azoto pari a 10 meq (milliequivalenti), ci aspettiamo ad esempio di trovare 6 meq di azoto a 30 cm e una concentrazione molto bassa o nulla a 60 cm, perché significa che la pianta è attiva e ha assimilato quello che realmente necessita in ogni fase fenologica. Tra l'altro i dati raccolti ci permettono di creare un vero e proprio database delle esigenze nutrizionali per ogni singola coltura e di ogni singola varietà.


Da quanto tempo lavorate nel campo della nutrizione con questo metodo?

AGQ lavora con questo sistema dal 1993, ed è riuscito a mettere in piedi uno dei più importanti database disponibili a livello internazionale riguardo i dati analitici relativi alle diverse colture. Il database ci ha permesso di capire quali devono essere le concentrazioni dei vari elementi nutritivi in ogni fase fenologica e questi dati rappresentano il punto di partenza nella costituzione della soluzione fertilizzante. Noi sappiamo che in una determinata fase fenologica la ricetta della soluzione fertilizzante deve avere determinati valori e non altri. Per chiudere il cerchio, ad ogni campionamento eseguiamo inoltre l'analisi fogliare in modo da capire realmente quali sono i livelli dei vari elementi presenti nella pianta. Alla fine dell'anno avremo eseguito analisi fogliari, analisi della soluzione fertilizzante e analisi delle soluzioni circolanti del terreno che ci permetteranno di comprendere quali sono le esigenze nutrizionali della pianta e se questa sta realmente utilizzando gli elementi che le vengono forniti.


Che cosa è l'analisi dell'arginina sulle radici?

Il nostro è uno dei laboratori a livello europeo capace di effettuare l'analisi dell'arginina, ossia quell'aminoacido presente nelle radici degli organismi vegetali, compresa la vite, che ci permette di studiare realmente quelle che sono le riserve che la pianta è riuscita ad accumulare nella campagna precedente. Quindi ci permette di fare anche una stima di come avverrà il germogliamento e di quelle che sono le quantità di azoto che la pianta ha già immagazzinato è ha già disponibile. In questo modo possiamo capire se c'è o meno necessità di intervenire già alla ripresa vegetativa con una concimazione azotata, ed è un'analisi che viene effettuata mandando direttamente campioni di radici in laboratorio.

Quali sono i vantaggi legati all'utilizzo di questo metodo?

II primo vantaggio e quello di risparmiare sul costo del fertilizzante (la stima per la vite da tavola è un risparmio del 20-25%), perché viene dosato in base alle esigenze della coltura in funzione di quello che la pianta richiede in una determinata fase fenologica.

 

Ulteriore vantaggio è rappresentato dal fatto che, studiando la singola coltura, posso metterla in condizione di far esprimere al meglio il suo potenziale e quindi migliorare la qualità e la quantità del prodotto, rendendo la pianta più forte e meno suscettibile alle malattie. Abbiamo notato anche un miglioramento della qualità in post-raccolta perché riusciamo a fare arrivare il frutto nelle migliori condizioni anche dal punto di vista della concimazione calcica. 


Un'ulteriore analisi che noi effettuiamo è appunto l'analisi del pectato di Calcio, differente da quella solita del Calcio totale come normalmente viene effettuata. Si tratta di una valutazione del Calcio che è realmente legato alla membrana delle pareti cellulari e che ci permette di avere un prodotto con maggiore shelf-life e meno suscettibile alle malattie.


CRACKING, DISSECCAMENTO DEL RACHIDE E POST RACCOLTA
Parliamo della gestione delle fisiopatie. In che modo questo sistema può aiutare il viticoltore?

Riguardo il problema del cracking (o spacco), avendo un controllo diretto sull'irrigazione e sulla fertirrigazione, possiamo con più facilità equilibrare dal punto di vista idrico la coltura. Tutto questo però dipende dalla disponibilità di acqua da parte dell'azienda: se un'azienda ne dispone, si riesce ad equilibrare con più facilità l'apporto idrico. Nel caso dello spacco dell'anno scorso (stagione 2015), questo si poteva risolvere solamente cercando di equilibrare le irrigazioni più che le nutrizioni, quindi attraverso il nostro sistema si sarebbe compreso in che modo rendere sempre umido il profilo del suolo, evitando eccessivi sbalzi. I sali di ammonio rappresentano un altro importante indice che ci aiuta nella corretta gestione della coltura: la componente ammoniaca le non dovrebbe essere presente nella soluzione circolante. Se troviamo ione ammonio nel terreno a 30 e 60 cm, per noi questo costituisce un indice di eccesso idrico. 

Per quale motivo?

Perché c'è troppa acqua e poca aria tellurica e si sta verificando una situazione di asfissia, i batteri non nitrificano l'ammonio e quindi quest'ultimo non va in soluzione. Se trovo ammonio in soluzione, chiamo il cliente per dire che stiamo irrigando troppo, c'è asfissia radicale e sicuramente la pianta si è bloccata ed è potenzialmente in una condizione di stress. Il tema dell'ammonio è interessante dal punto di vista idrico, ma lo è altrettanto da quello chimico: si è visto che la concimazione ammoniacale in viticoltura da tavola è direttamente responsabile


di alcune fisiopatie legate alla formazione di un metabolita secondario noto come putrescina, tra cui il disseccamento del rachide. In particolari condizioni, infatti, l'ammonio diventa tossico in quanto precursore di questo composto. Per questo motivo consiglio sempre di contenere gli apporti ammoniacali preferendo a questa le altre forme di azoto, tra cui la migliore è quella nitrica. Con il sistema delle sonde AGQ si riesce a somministrare la concentrazione di azoto nitrico in maniera tale che venga tutto assimilato dalla pianta senza lisciviazioni. La gestione ureica, invece, è legata anche alle esigenze della azienda agricola, perché ovviamente una buona base ureica permette di avere un prodotto disponibile più a lungo, non dico a lenta cessione ma quasi, perché l'azoto ureico è un catione che va incontro a determinati processi prima di diventare disponibile per la pianta.


Approfondiamo il tema del disseccamento del rachide.

Il disseccamento del rachide deve essere gestito soprattutto tenendo conto della disponibilità di azoto che viene fornito alla pianta. Tutto passa attraverso la corretta gestione ammoniacale dando il giusto equilibrio azotato alla pianta, secondo il principio del frazionamento dell'azoto.

Molto spesso tra le principali cause del disseccamento si fa riferimento al rapporto calcio/magnesio e potassio.

Il calcio e il magnesio sono due elementi che devono andare di pari passo: se apporto 3 unità di calcio ne devo mettere 1 di magnesio. Si parla spesso di rapporto calcio/magnesio nella nutrizione perché sono gli elementi che, più degli altri, è importante siano equilibrati dal punto di vista degli apporti. È corretto utilizzare calcio e magnesio, perché in particolar modo il magnesio ha la capacità di detossificare l'ammonio. Ma il magnesio serve a "curare" il problema, mentre con una corretta gestione dell'azoto si potrebbe anche "prevenire" il disseccamento del rachide.

In quale fase fenologica sarebbe più corretto apportare calcio e magnesio?

Diciamo che il mio lavoro prevede la somministrazione di magnesio fin dall'inizio della campagna: azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio vengono sempre apportati in tutte le fasi fenologiche e in tutte le fertirrigazioni. Quello che varia sono le concentrazioni, nelle prime fasi apporto più azoto e meno potassio, il contrario man mano che ci approssimiamo alla raccolta. Stessa cosa per il calcio. Sono poche le fasi fenologiche in cui non devono essere apportati questi elementi.


Più nello specifico il loro apporto dipende da alcuni parametri, in particolare la qualità chimico-fisica dell'acqua di irrigazione, perché le nostre acque sono calciche e magnesiache sebbene non sempre il calcio e il magnesio presenti siano disponibili realmente per la pianta. Ci sono comunque altri fattori (pH, bicarbonati) che rendono nel terreno il calcio e il magnesio indisponibili. In teoria se consideriamo le caratteristiche delle acque di cui disponiamo nel sud est barese, quasi non ci sarebbe bisogno in nessuna fase fenologica di aumentare la quantità di calcio e di magnesio, perché già sono presenti nell'acqua di irrigazione. In realtà, come detto, questi elementi molto spesso non sono disponibili. Il sistema AGQ permette di avere delle concimazioni più mirate con l'elaborazione di un piano di concimazione che prevede un minor apporto di nutrienti per singola fertirrigazione. Il concime lo apportiamo in funzione della domanda e in questo modo riusciremo a gestire le conducibilità elettriche in una maniera più idonea. Se si apporta molto fertilizzante su un ettaro, probabilmente la conducibilità elettrica che si genera potrebbe determinare uno shock osmotico alla pianta e la radice cesserebbe di assimilare concime.


Quali sono i limiti legati a questo metodo di gestione della nutrizione?

Il limite principale è che tale servizio prevede dei costi fissi che non sono sostenibili da una piccola realtà aziendale. Un altro limite è il territorio, che si caratterizza per dei ritardi strutturali relativi alle possibilità di gestione dell'irrigazione. Se è vero che sempre più spesso gli impianti di irrigazione sono realizzati in modo razionale, (negli ultimi anni si sta prediligendo l'irrigazione a goccia, con l'ala disposta sulla fila e si iniziano a vedere anche impianti a terra, tutte tecniche che portano di per sé dei miglioramenti), è pur vero che non abbiamo ancora sistemi di fertirrigazione che ci permettano di gestire minuziosamente la qualità della soluzione fertilizzante. Anche in aziende medio-grandi, capita spesso di vedere fertirrigazioni eseguite direttamente con la botte, con tutti i limiti che ne conseguono.


Altro limite: le fertirrigazioni su vite da tavola durante l'anno sono tradizionalmente 2 o 3, sebbene la vite cominci la sua attività vegetativa già a febbraio. Perché allora non cominciare a prevedere delle fertirrigazioni che preparino la fioritura? Noi invece siamo abituati a mandare la pianta allo sbaraglio fino alla fioritura. Infine un ultimo limite è rappresentato dalla disponibilità dell'acqua: questo sistema per funzionare deve prevedere una continua disponibilità idrica, quindi in quelle aziende in cui si ha la possibilità di avere l'acqua una volta ogni 15 e più giorni, il sistema non porterà grandi benefici in quanto non si potrà gestire l'acqua nella maniera più idonea.

Qual è la diffusione attuale di questo servizio nelle aree di produzione di uva da tavola? E quali sono le prospettive future?

Attualmente lavoro su diverse colture e l'uva da tavola è una delle colture di punta. Poi ci sono fragola, drupacee, agrumi e altro. C'è parecchio lavoro anche con il fuori suolo che, fra tutte le tipologie di colture, è sicuramente la più semplice da gestire. Attualmente ci sono aziende che utilizzano questo servizio sia in Puglia, in tutto l'Arco Jonico (compresa la Basilicata), in Campania e in Sicilia.

 

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