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Fonte: Rivista "Vigne, Vini & qualità"
articolo a cura di Emiliano Raccagni

 

Il contributo che la viticoltura può fornire alla produzione di energia rinnovabile è un dato di fatto. Più difficile è stato fino a oggi porre in essere modelli concreti e ripetibili per sfruttare il potenziale dei residui di potatura a questo scopo.

 

La difficoltà di raccogliere e trasportare in impianti di trasformazione i sarmenti, la mancanza di una reale va­lutazione economica sui costi delle diverse operazioni da effettuare e sui possibili ricavi, oltre a una limitata diffusione delle tecnologie adatte allo scopo, rappresentano ancora ostacoli difficili da superare.

Difficili, ma non insormontabili se venissero potenziate le conoscenze, si sviluppassero accordi di collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, si incentivasse l'investimento in impianti per mirare all'autoconsumo o anche all'integrazione del reddito attraverso l'immissione in rete e la vendita di ener­gia.

 

Obiettivi perseguiti dal progetto europeo uP run­ning, che coinvolge sette Paesi (Italia, Spagna, Grecia, Croazia, Ucraina, Portogallo e Francia) per diffondere la cultura della valorizzazione a fini energetici dei residui legnosi di Potatura ed Espianti delle Colture Arbo­ree (Peca), che vede il nostro Paese rappresentato dalla Puglia, grazie al Distretto Agroalimentare regionale (DARe) e all'Università di Foggia, realtà impegnate dal 2015 in una serie di azioni mirate a studiare questa forma di valorizzazione ma soprattutto a trasferire conoscenze e modelli di business agli agricoltori.


Potenziale inespresso

Il DARe è costituito da oltre cento imprese agroalimentari, enti di ricerca pubblici e privati, tutte le università pugliesi, le associazioni di categoria e un istituto bancario. "In sostanza - dice Francesca Volpe, Innovation Management Department del DARe - siamo stati individuati come il soggetto più adatto per porsi come intermediario verso il mondo agricolo, che in questo progetto rappresenta il bacino di utenza per migliaia di potenziali beneficiari finali.

 

Si tratta di un'esperienza inedita, ma anche molto stimolante, in quanto il tema dell'agroenergia ha visto in questi anni costituirsi un'ampia bibliografia fatta di studi a tutti i livelli e contemporaneamente offre le tecnologie per poter produrre elettricità e calore da biomassa.

 

Quello che però manca a livello sistematico è la reale applicazione di queste opportunità. Un caso emblematico è proprio rappresentato dalla Puglia: la nostra regione è da anni punto di riferimento per la produzione e la vendita di energia da fonti rinnovabili, a partire dal fotovoltaico e dall'eolico. Le rinnovabili da biomassa sono invece una frontiera ancora tutta da esplorare.

 

Quello che sappiamo è che esiste un potenziale enorme e il nostro compito sarà quello di diffondere la consapevolezza a tutti gli attori potenzialmente coinvolgibili, superando anche le resistenze legate alla mentalità sia degli agricoltori sia degli utenti finali. Il qui si è sempre fatto così non agevola queste politiche innovative".



Casi scuola

Il progetto è formalmente stato avviato nell'aprile del 2016 e avrà una durata di 39 mesi. Gli attori da coinvolgere possono essere individuati all'interno di un'ampia rosa, che comprende imprenditori agricoli, fornitori di biomassa, società di servizi all'agricoltura ma anche produttori di macchine e impianti e utilizzatori finali, consulenti e professionisti, associazioni e cluster di imprese. La rete è in fase di costruzione: non mancano imprese che utilizzano biomasse per autoconsumo o chi conferisce a contoterzisti il materiale, che può essere utilizzato anche per usi diversi dalla produzione diretta di energia, finendo ad aziende che si occupano di compostaggio o a produttori di pellet per riscaldamento domestico. I casi di successo ci sono, ma non esiste attualmente un sistema, una filiera completamente replicabile sul territorio.

 

Per questo va posta particolare attenzione anche a ciò che avviene nel resto d'Europa riguardo alle strategie in tema di politica energetica. "Finora - prosegue Francesca Volpe - abbiamo contattato e parlato con oltre 170 soggetti, individuandoli tra tutti i possibili attori coinvolgibili in questa nuova filiera, che ci hanno permesso di raccogliere idee, esigenze e soprattutto testare con mano gli ostacoli, reali e percepiti, che impediscono la creazione di un vero e proprio sistema. Successivamente, sono stati scelti cinque soggetti ideali per avviare un'attività dimostrativa, compresa una grande cooperativa specializzata nella produzione di olio d'oliva e vino.

 

I viticoltori, da questo punto di vista, rappresentano un target assoluto e non a caso l'anno scorso, grazie a Fondazione Circe, è stata effettuata una visita a una


grande realtà cooperativa vinicola spagnola che, aderendo a un progetto Life, ha innescato un meccanismo virtuoso, che vede il proprio Comune di appartenenza provvedere alla raccolta delle biomasse e al conferimento a un impianto per la produzione di energia. Un esempio su larga scala che potrebbe essere replicato molto bene in diverse zone italiane. L'attività dimostrativa sul campo consentirà non solo di diffondere pratiche e risultati a terzi, ma anche di quantificare con dati reali l'aspetto economico dell'investimento".

MODELLO SPAGNOLO

"Il progetto - spiega Francesca Volpe, che segue uP running per conto del DARe - ha preso il via sotto l'impulso del lavoro intrapreso negli ultimi anni in Spagna dalla Fondazione Circe che, con il supporto dell'Università di Saragozza, si occupa di studiare ma soprattutto di trasferire sul campo le conoscenze e le applicazioni tecnologiche relative ai processi energetici. Forte della sua preparazione, aveva partecipato attivamente al progetto EuroPruning, mirato a favorire il miglioramento della logistica per il recupero e l'utilizzo dei residui di  potatura e a diffondere in tutto il continente la possibilità di utilizzarli per la produzione di energia. E ha risposto a un nuovo Bando europeo incentrato sul terna della low carbon economy. E così nato il nucleo di Lavoro di uP-running che, facendo tesoro delle esperienze precedenti e soprattutto di stime, misurazioni e dati sulla qualità dei residui, si pone l'obiettivo di aumentare la consapevolezza su questa potenziale filiera, affinché si possano avviare azioni sperimentali sul campo e soprattutto diffonderne i risultati secondo modelli replicabili".


Allargare la rete

I prossimi passi? Il tutto confluirà in un'analisi regionale della situazione e delle potenzialità, che verrà poi effettuata anche su scala nazionale, confluendo nei lavori contemporaneamente in corso negli altri Paesi coinvolti dal progetto. Fra gli obiettivi, quello di riuscire a creare un largo movimento di opinione in grado di influire sui processi decisionali di policy per presentare ai legislatori comunitari le opportunità emerse, in modo da ottenere ascolto finalizzato a un rafforzamento dei finanziamenti, che i soli Psr in questo momento non sono in grado di supportare, ma soprattutto una uniformità interpretativa delle regole normative, chiarezza nei processi autorizzativi, maggiore snellezza amministrativa nella gestione burocratica dei progetti di investimento. Fiere ed eventi di grande rilevanza nazionale saranno le occasioni privilegiate per incontrare nuovi attori, sensibilizzare le associazioni di categoria, diffondere i contenuti del progetto e allargarne le potenzialità a un parterre il più vasto possibile.


Opportunità su misura

Massimo Monteleone, Professore associato in Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente dell'Università di Foggia, segue il progetto uP running in prima persona. Con lui approfondiamo gli aspetti di maggiore interesse per le aziende vitivinicole che, assieme a quelle specializzate in olivicoltura e frutticoltura, rappresentano il bacino d'utenza naturale per il lavoro posto in essere nell'ambito del progetto, che "è finalizzato - dice - a valorizzare al meglio i residui delle potature dei fruttiferi, di cui la Puglia rappresenta un serbatoio di grande interesse.

 

Le potenzialità per costruire filiere di grande valore e ottenere energia elettrica e termica a partire da questi materiali apparentemente di scarto sono rilevanti. Vi sono, oggi, tutte le possibilità normative, autorizzative e tecnologiche per costruire efficienti filiere di valore.


Si tratta di mettere insieme realtà ancora isolate tra loro, rendere consapevoli gli operatori della opportunità economica rappresentata da tali residui e ottenere energia rinnovabile che abbia elevata qualità ambientale: tutti elementi in grado di creare valore aggiunto a vantaggio del territorio".


Cambiare prospettive
Professore, quanto è applicabile il modello di uti­lizzo dei sarmenti e in genere di biomassa legno­sa per la produzione di energia?

 

"Siamo consapevoli che nel nostro Paese, soprattutto in alcune realtà individuabili nel Nord Est, sono da tempo attive iniziative di filiera mirate al recupero e alla gestione dei sarmenti per questo scopo, seppur classificabili come attività sporadiche e non ancora messe a sistema. Al Sud, e più specificatamente in Puglia, pensare di strutturare una filiera efficiente è un'operazione ancora pionieristica. Non si può prescindere dall'ottimizzazione tecnico-logistica delle operazioni di raccolta, trinciatura, trasporto e stoccaggio dei sarmenti, coinvolgendo direttamente i viticoltori e le grandi realtà cooperative. Il potenziale è del resto enorme e ancora maggiore se si pensa che in questa regione esiste, oltre all'uva da vino, anche la filiera dell'uva da tavola".

 

Quali sono i fattori che fino a oggi hanno impedito il diffondersi di una cultura del recupero a fini energetici?

 

"Il dato di fatto è che durante il ciclo di coltivazione del vigneto si producono naturalmente quantità rilevanti di sarmenti e residui di potatura. Purtroppo, dove la normativa lo permette, vige ancora la pratica di accumularli per poi procedere alla loro bruciatura. Una pratica che personalmente trovo non abbia più ragion d'essere per motivi peraltro assai noti e che quindi dovrebbe essere interdetta.


Nelle aree che potremmo definire più avanzate, la trinciatura dei sarmenti con formazione di uno strato pacciamante sul suolo o il loro interramento è pratica utile e anche raccomandabile, pur tenendo in dovuta considerazione l'aumento di potenziali rischi per la possibile diffusione di fitopatologie. In entrambi i casi, i residui di potatura sono sempre stati trattati alla stregua di un problema di smaltimento da risolvere, più che di una risorsa da valorizzare. Oggi, il progresso delle conoscenze e la conseguente diffusione di tecniche agronomiche innovative, dalla gestione del vigneto mediante inerbimento, apporto di ammendanti, fino alla ridotta lavorazione, rendono applicabile una terza via, che prevede l'asportazione dei sarmenti e Moro auspicabile riutilizzo per finalità energetiche".

Attenzione alla sostanza organica

"Non si può prescindere - osserva Massimo Monteleone - da
un'attenta valutazione i comportamenti da tenere per compensare la sottrazione di sostanza organica al terreno. Un problema che non è più tale combinando interventi accurati di agricoltura conservativa, che permetterà di non incidere sulla produzione e di poter disporre di un residuo recuperabile attraverso la filiera energetica mantenendo comunque fertile il suolo. La strategia non può essere ovviamente univoca per tutti, ma necessita di essere calibrata tenendo conto delle diversità dell'area di coltivazione, delle particolari condizioni del suolo e del modello agronomico in essere".


Dalla teoria alla sperimentazione
Quali sono i modelli cui guardate per studiare le potenzialità energetiche dei sarmenti?

"Ci stiamo concentrando su circa dieci esperienze pilota, variamente diversificate tra loro, che coinvolgono soggetti potenzialmente interessati a questa filiera. A partire, naturalmente, dalle aziende agricole, ma anche produttori di attrezzature agromeccaniche per rendere più funzionale la raccolta dei sarmenti, contoterzisti che possono diventare un punto di riferimento per la raccolta e il conferimento delle biomasse legnose, aziende specializzate nella realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica e termica. Questo consente di verificare esperienze anche molto differenti e quindi provare a individuare e caratterizzare modelli di filiera sostenibili a tutti i livelli, dalle grandi cooperative alle piccole aziende agricole familiari".


Quali sono le differenze più rilevanti?

"La grande realtà cooperativa ha il vantaggio di poter contare, solitamente, su un numero adeguato di conferitori operando in territori circoscritti ma ad alta densità di materia prima energetica. Il socio in questo caso, oltre alla vendita delle uve conferirebbe anche i residui di potatura, che possono essere utilizzati negli stessi impianti di trasformazione cooperativi o rifornire imprenditori terzi che gestiscono impianti energetici a carattere industriale, da 400-500 kW fino a 10-15 MW di potenza elettrica. A riguardo, particolarmente rilevante è che si associ la produzione elettrica, eventualmente da immettere in rete, all'utilizzazione del calore, per conseguire rendimenti davvero ragguardevoli, anche superiori all'80%. Finora le esperienze in tal senso possono considerarsi piuttosto limitate. In questo caso quindi la grande realtà cooperativa può sfruttare anche il fatto che il Conto Energia premia la possibilità di impiego delle biomasse in regime di cogenerazione rispetto ad altre fonti rinnovabili, come il fotovoltaico o l'eolico.

 

Si può quindi arrivare alla creazione di un nuovo business aziendale: quello di vendere energia nel quadro della diversificazione produttiva e di un modello lutifunzionale di agricoltura. In casi diversamente strutturati, ovvero quando la singola azienda è raggiunta dal servizio offerto da un imprenditore che gestisce un centro di raccolta, gli agricoltori diventano conferitori di imprese specializzate nella produzione di energia elettrica, che possono utilizzare nei loro impianti diverse tipologie di combustibile agricolo: paglie, cippato forestale e una parte di trinciato derivante proprio dagli scarti di potatura".


Mappatura in tempo reale

Una mappa di facile utilizzo e continuamente aggiornata, che mette a disposizione i dati di tutti i Paesi coinvolti dal progetto e raffigura tutte le esperienza relativa alla produzione in campo di biomassa legnosa, fornendo dati su tutte le fasi che comprendono la raccolta, la quantità e la qualità dei residui, compresi elementi utili a stabilirne il valore a fini energetici, come il tasso di umidità.

 

L'Osservatorio è uno degli elementi portanti del progetto uP running e contiene inoltre manuali e linee guida scaricabili. Periodicamente, inoltre, sarà messo a disposizione un report relativo al complesso dei dati raccolti.

 

L'Osservatorio intende inoltre evidenziare i migliori dieci casi (punte di diamante) di utilizzo di biomasse legnose in Europa.

 

Entro la fine di quest'anno sarà resa disponibile una prima relazione in tutte le lingue dei Paesi partner di progetto, che tratterà in dettaglio cinque di questi casi mentre con l'affinarsi dei dati raccolti queste operazioni divulgative saranno ripetute anche per il 2018.

 

Tutti i soggetti potenzialmente interessati possono contribuire alla raccolta dei dati, compilando una scheda per riportare una nuova esperienza di raccolta o segnalare l'attivazione di una nuova filiera.


E le realtà più piccole?

"In questo caso il modello di riferimento è quello legato all'autoconsumo. Rendimenti elevati possono essere ottenuti inserendo in cantina caldaie di piccola taglia, ovvero qualche decina di kW di potenza elettrica. Con la cogenerazione si possono ottenere buoni risultati, associando la produzione di energia elettrica e calore per abbattere i costi legati alle trasformazioni dei prodotti in azienda. Le piccole realtà sono perfettamente adatte per essere coinvolte nel progetto, anche attraverso la collaborazione delle associazioni agricole di categoria, in quanto il supporto tecnico e la stima degli investimenti devono essere mirati di caso in caso. Il nostro lavoro, quindi, può servire da stimolo per fornire loro piena assistenza in merito alla fattibilità degli investimenti. La diffusione dell'impiego di biomasse da potatura può essere potenziata solo se gli imprenditori saranno adeguatamente supportati nei loro processi decisionali da consulenti qualificati sia sul fronte agronomico sia su quello termotecnico".

 

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