Fonte: Rivista "Fertilizzanti"
Articolo a cura di Riccardo Calzavara calzavara@arvan.it
Molto spesso nel riutilizzo dei sottoprodotti si crea confusione tra fertilizzante e rifiuto. I concimi organici rendono molto più chiara la situazione.
La filosofia della normativa è sempre stata, fin dalla sua emanazione nel 1984, che qualsiasi sostanza che abbia una determinata origine e un certo contenuto in elementi nutritivi sia considerato per sua stessa natura un fertilizzante. Questa filosofia rende immediatamente quella sostanza un prodotto e lo esclude automaticamente dal regime dei rifiuti.
Il Testo Unico Ambientale all'art. 183 riporta la seguente definizione di rifiuto: "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi".
La qualificazione di un materiale come rifiuto può discendere pertanto o dal discernimento soggettivo (l'azione concreta o la semplice intenzione di disfarsene) in capo al solo detentore oppure da un obbligo a suo carico, che ovviamente dovrebbe dipendere da precise disposizioni legislative.
Nel caso dei fertilizzanti sia minerali che organici non vi è né la volontà da parte del detentore di disfarsene, e neanche un obbligo normativo, ma bensì l'intenzione di recuperare e riutilizzare una materia di scarto.
Concentriamoci ora particolarmente sui concimi organici, che sono i principi di questa filosofia.
Per i prodotti organici viene consentita la definizione di "concime" solo per quelli che apportano elementi nutritivi principali (e in particolare azoto e fosforo), tralasciando le altre funzioni della sostanza organica.
La legge definisce infatti il concime organico come "un concime derivato da materiali organici di origine animale o vegetale, costituito da composti organici ai quali gli elementi principali della fertilità sono chimicamente legati in forma organica o comunque fanno parte integrante della matrice".
Viene inoltre precisato che per carbonio organico di origine biologica si intende "il carbonio organico costituente di prodotti di origine vegetale o animale o derivante direttamente da detti prodotti con esclusione di qualsiasi forma di carbonio organico di sintesi" e per azoto organico "l'azoto contenuto in composti chimici organici di origine vegetale oppure animale o derivante direttamente da detti prodotti" .
Vanno quindi esclusi dal computo dell'azoto organico: l'urea, la calciocianamide e le cosiddette uree condensate, in quando di origine industriale e non naturale.
"Del maiale non si butta via niente", è una felice espressione, ben conosciuta in molti Paesi europei (in Francia si dice: "Dans le cochon, tout est bon sauf le cri", in Inghilterra "We use everything of the pig but the oink!" e in Spagna "Del cerdo se aprovecha todo"). La frase è vera però solo se si considera anche la produzione di fertilizzanti.
Da qualsiasi lavorazione di materiali organici naturali deriva infatti una serie di sottoprodotti che possono essere riutilizzati come fertilizzanti. Molti di questi sono caratterizzati da un alto contenuto di sostanza organica, quindi il loro apporto nutrizionale non è particolarmente elevato, però possono essere utilizzati come ottimi ammendanti, solitamente dopo avere subito un processo di compostaggio. Infatti, in linea generale, per poter essere utilizzati come concimi, i sottoprodotti devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
- Avere un buon contenuto di elementi nutritivi effettivamente utilizzabili dalle piante.
- Possedere caratteristiche fisiche tali da garantirne l'utilizzabilità.
- Non essere pericolosi per uomo, ambiente e animali.
- Avere costi ridotti, se non negativi.
- Non necessitare di ulteriori lavorazioni onerose;
- Essere disponibili in aree concentrate, in quantità elevate e in maniera costante.
- Non avere utilizzi economicamente più vantaggiosi.
- Essere classificabili come fertilizzanti in accordo con le normative vigenti.
Contenuto in nutrienti
È ovvio che il primo requisito per potere considerare come concime un sottoprodotto è che esso contenga degli elementi nutritivi in una forma che sia, direttamente o indirettamente, disponibile per le piante.
I materiali con una concentrazione di macroelementi inferiore al 2-3% di norma non sono classificabili come concimi, ma solo come ammendanti e, spesso, per di più dopo avere subìto un compostaggio, e possono essere utilizzati solamente nei dintorni del luogo di produzione. Infatti solo un significativo titolo in nutrienti consente di giustificare le spese di trasporto dal luogo di produzione al campo dove il materiale viene utilizzato.
Generalmente i sottoprodotti industriali organici contengono principalmente azoto, e in qualche caso anche fosforo e potassio. I residui animali sono i materiali che contengono la più alta concentrazione di elementi nutritivi e quindi sono considerati i sottoprodotti più interessanti per la produzione di concimi.
Proprietà fisiche
Un alto contenuto in elementi nutritivi non è sufficiente per trasformare un materiale in un buon concime. È infatti necessario che esso abbia anche caratteristiche fisiche tali da consentirne una buona distribuzione sul suolo. Perciò un secondo criterio molto importante nella selezione dei materiali è rappresentato dal possesso di caratteristiche fisiche tali da renderne agevole la distribuzione in campo, naturalmente o dopo una lavorazione non troppo costosa.
Sono quindi da preferirsi i materiali liquidi o in sospensione, facili da distribuire (borlanda), o con dimensioni molto piccole (cuoio idrolizzato) o pellettabili (farina di pesce e di carne, letame ecc.).
Sicurezza
I concimi di cui stiamo parlando sono dei sottoprodotti e quindi sono potenzialmente dei "rifiuti", per cui deve essere particolarmente chiaro che debbano essere sicuri per l'uomo, l'ambiente e gli animali.
Mentre per i residui di macellazione esiste una specifica regolamentazione europea, che verrà esaminata in seguito, in generale le norme sull'argomento sono incentrate sul contenuto in metalli pesanti e sono fissati dei limiti massimi di tolleranza che variano molto da Paese a Paese. In Olanda, con un approccio molto ragionevole, il limite massimo è legato al contenuto in nutrienti, mentre il criterio adottato dagli altri Stati resta un mistero e quando la Commissione Europea, nel 1995, propose una unificazione i risultati furono una mera media aritmetica dei valori suggeriti all'epoca.
Costi
Non vi è alcun dubbio che il costo sia il parametro principale per decidere se utilizzare un sottoprodotto come concime. Esso deve essere il più basso possibile per rendere il prodotto finale competitivo con gli altri fertilizzanti. La sostanza organica e il contenuto in azoto organico vanno considerati come un valore aggiuntivo.
Infatti, il lento rilascio e la lisciviazione molto contenuta di questa forma azotata possono essere considerati come una caratteristica di pregio sul mercato. D'altro canto, il relativamente basso contenuto in elementi nutritivi comporta un generale aumento dell'incidenza dei costi di produzione e commercializzazione (pellettizzazione, confezionamento, trasporto, marketing ecc.).
Il costo per acquisire un sottoprodotto è invece molto spesso "negativo": infatti quasi tutti i materiali disponibili possono essere classificati come "sottoprodotti" e non come "rifiuti" solo se sono utilizzati per la produzione di fertilizzanti. Da questo punto di vista sono possibili due casi:
- Materiali ottenuti direttamente dal produttore (per esempio, borlanda o sottoprodotti della produzione di antibiotici): la sola alternativa è quasi sempre il trattamento come rifiuti, con i relativi ed elevati
- Materiali prodotti da una figura terza (residui animali) e/o che necessitano di migliorare le loro caratteristiche(cuoio): il produttore del "rifiuto" deve pagare chi lo lavora e questa spesa deve coprire, totalmente o parzialmente il costo del trattamento.
Lavorazione
Qualsiasi sottoprodotto per essere trasformato in concime necessita di una qualche lavorazione, che può essere una semplice concentrazione e/o essiccazione (borlanda), un pesante trattamento termico (cuoio idrolizzato), talora obbligatorio per legge (residui animali). Qualche volta il recupero di valore e/o energia è possibile (residui animali), ma il costo per il trattamento è sempre quello più importante.
Disponibilità
Un impianto di trattamento per i sottoprodotti necessita, per ovvie ragioni economiche, di una grande quantità di materiale, possibilmente con un flusso costante durante l'anno. Molto importante è l'ubicazione, che deve essere il più possibile vicina alla zona di produzione del sottoprodotto, in modo da limitare i costi del trasporto. Un tipico esempio è quello dell'Italia dove la produzione di concimi a base di cuoio è resa possibile grazie alla grande concentrazione di concerie in due aree ben limitate e circoscritte. Lo stesso avviene, in Francia, dove la produzione della farina di pesce è concentrata vicino ai principali porti pescherecci. Quando grandi quantità di sottoprodotti derivano da una singola industria, spesso è l'industria stessa a essere interessata alla produzione di concimi, come tipicamente avviene per la borlanda.
Utilizzi alternativi
Molti sottoprodotti organici industriali possono essere proficuamente utilizzati in altri campi diversi dalla fertilizzazione (tipo in farmaceutica e mangimistica). In questi casi vengono pagati meglio che non come concimi; solo pochi materiali, come i resti del cuoio, i panelli di ricino e certi tipi di residui di pesce non possono diventare mangimi a causa della loro composizione.
È ben noto, che alcuni anni fa, le farine animale erano utilizzate esclusivamente in mangimistica, ma la crisi della BSE e il conseguente divieto per la nutrizione animale, dirottarono questi sottoprodotti alla nutrizione delle piante. Ciò ha provocato una drammatica lievitazione della domanda (e quindi dei costi) dei panelli e della borlanda, ora molto richiesti per la produzione di mangimi.
Qualche volta i sottoprodotti vengono utilizzati come combustibile, anche se tale uso è alquanto discutibile da un punto di vista energetico. Invece l'utilizzo di sottoprodotti organici per la produzione di biogas è molto più ragionevole, e in molti casi, i residui della fermentazione anaerobica hanno un'ottima qualità fertilizzante: infatti si ha una perdita di sostanza organica, ma un aumento dei titoli in elementi nutritivi.
Normativa
La legislazione nazionale sui fertilizzanti si è sviluppata in diversi anni partendo dalla Direttiva europea 76/116/EEC e ora tali leggi sono vecchie più di 30 anni. Perciò l'applicazione è molto ben consolidata ed è difficile avere un coordinamento tra i diversi Stati, che anche quando aggiornano la normativa seguono le strade già intraprese in passato.
Inoltre nei diversi Paesi europei gli usi e le esigenze agronomiche sono molto differenti, soprattutto nell'utilizzo dei fertilizzanti organici e organo-minerali. Per le condizioni climatiche e pedologiche, il consumo della sostanza organica nel suolo è maggiore e più veloce negli stati mediterranei rispetto a quelli del Nord Europa. Il letame è essenziale per la produzione agricola in Italia e in Spagna, mentre è spesso un rifiuto in Svezia o nel Regno Unito: in questi ultimi Paesi, talora la pollina viene addirittura bruciata per produrre energia, mentre in Italia ne vengono impiegate almeno 100.000 tonnellate come fertilizzante.
Negli anni passati la Comunità Europea ha provato a produrre una legislazione comunitaria per i concimi organici e organo-minerali. Una proposta per una direttiva fu fatta nel 1995, ma nessun Paese si prodi gò per adottarla e ora sembra essere sparita senza lasciare traccia.
Ogni Stato ha intrapreso una strada differente per i fertilizzanti nazionali e si possono distinguere approcci molto diversi. In alcuni Paesi (Grecia e Ungheria) ogni concime non CE va registrato al Ministero dell'Agricoltura, mentre la legge non impone nessun parametro particolare alle caratteristiche del prodotto, con la sola eccezione del contenuto in metalli pesanti.
Al contrario Paesi come Belgio, Francia e Italia utilizzano per i fertilizzanti nazionali Io stesso approccio utilizzato per quelli CE: numerosi concimi organici e ammendanti sono regolamentati con tutta una serie di prescrizioni e i fertilizzanti organici non inclusi nella lista non possono essere commercializzati. È inoltre fissato un contenuto minimo in elementi nutritivi che può variare in un'ampia gamma di valori e per molti fertilizzanti è stabilito anche un valore minimo di sostanza organica.
Naturalmente ci sono anche approcci intermedi (come Austria e Slovacchia), che richiedono talora una registrazione, ma che impongono una lista di materiali che sono permessi per la formulazione dei fertilizzanti organici, con regole più o meno dettagliate. In Danimarca e in Finlandia, per esempio, è obbligatorio solo che "il fertilizzante organico sia di origine animale e/o vegetale". In Germania e in Spagna è fissata una lista tassativa di materiali utilizzabili.
Concludendo, i sottoprodotti organici di origine industriale possono essere utilizzanti per la produzione di concimi (e ammendanti) in maniera molto differente da Paese a Paese.
Speriamo che il nuovo Regolamento Europeo in faticosa gestazione a Bruxelles riesca a mettere ordine e a regolamentare questa situazione spinosa.