Fonte: rivista "Fertilizzanti"
articolo a cura di Pier Luigi Graziano - graziano@avan.it
Le diciture vanno predisposte con le massima attenzione, specie se si tratta di formulati consentiti in agricoltura biologica
Le sempre più complesse e severe normative che disciplinano registrazione, commercio, stoccaggio e utilizzo dei fitofarmaci hanno gradualmente portato produttori e utilizzatori a cercare di individuare vie meno gravose, sia dal punto di vista burocratico che economico, per cercare di aggirare quanto la legge impone. Se da un punto di vista squisitamente pratico un tale comportamento può essere comprensibile, certamente non è giustificabile dal punto di vista giuridico. Le leggi vanno rispettate e qualora si ritenga che non rispondano agli interessi degli agricoltori, si dovrebbe agire tramite le vie istituzionali per introdurre modifiche che le possano rendere adeguate alle esigenze delle attività produttive.
Basandosi sulla coincidenza di alcuni composti presenti sia nelle normative che disciplinano i fitofarmaci, sia in quelle che disciplinano i fertilizzanti, si è diffuso il malcostume di immettere sul mercato prodotti classificati ed etichettati come fertilizzanti che vantano anche proprietà di difesa per le colture. Questo non può essere accettabile in quanto le due categorie merceologiche di fitofarmaci e fertilizzanti impongono procedure di classificazione, registrazione ed etichettatura completamente diverse, come lo sono le finalità di utilizzo di queste due tipologie di composti.
Il problema dei prodotti cosiddetti "dual use" si trascina da anni, ma oggettivamente la soluzione normativa alle problematiche appena illustrate è di difficile soluzione in quanto determinati elementi esplicano, senza ombra di dubbio, entrambe le funzioni, sia nutritive che di difesa.
Il criterio finora adottato è quello di individuare nelle rivendicazioni in etichetta la destinazione d'uso del prodotto: un fertilizzante potrà vantare solamente azioni finalizzate alla nutrizione, mentre un fitofarmaco dovrà limitarsi ad azioni finalizzate alla difesa. Evidentemente, se il prodotto è lo stesso in entrambe i casi, starà alla correttezza di chi propone all'agricoltore tale formulato di non suggerirne un possibile uso improprio.
Anche il MiPAAF, sin dalla prima riunione del Gruppo di Lavoro permanente per la protezione delle piante - Settore Fertilizzanti, ha voluto istituire un sotto gruppo di lavoro per la "Verifica dell'uso improprio dei fertilizzanti", con il compito di monitorare e studiare gli strumenti più idonei a contrastare tale fenomeno.
L'importante al fine di non incorrere in sanzioni, particolarmente pesanti in questo caso poiché coinvolgono i fitofarmaci, è quello di redigere le etichette con il massimo scrupolo, evitando accuratamente ogni riferimento a caratteristiche del prodotto che non siano esclusivamente fertilizzanti. Anche poche espressioni fuori luogo possono infatti configurarsi come irregolarità e far ritenere agli organi di controllo l'etichettatura quantomeno fuorviante, se non propriamente illegale.
Considerando che la maggior parte di queste formulazioni sono anche etichettate e registrate per l'impiego in agricoltura biologica, particolare attenzione va posta nel predisporre tutte le dichiarazioni che tale tipo di fertilizzanti richiedono.
Cogliamo l'occasione per chiarire un aspetto, relativo ai fertilizzanti consentiti in agricoltura biologica, che molto spesso non è chiaro a chi utilizza questi prodotti.
I fertilizzanti ammessi in agricoltura biologica sono esclusivamente quelli elencati nell'allegato I al Regolamento (CE) n. 889/2008. Per una maggiore chiarezza interpretativa di tale allegato si può inoltre consultare l'allegato 13 al D. Lgs. n. 75/2010 che disciplina i fertilizzanti nazionali.
Se un fertilizzante rientra negli elenchi sopra menzionati, è automaticamente ammesso in agricoltura biologica e di conseguenza potrà e dovrà essere registrato nell'apposito registro dei fertilizzanti consentiti in agricoltura biologica on-line nel sito del MiPAAF. Null'altro è richiesto, nessuna certificazione, autorizzazione o carta bollata emessa da chicchessia.
Sempre più spesso si parla di certificazioni per l'agricoltura biologica: la legge non richiede alcuna certificazione. Gli Enti Certificatori rilasciano le certificazioni alle aziende agricole per i prodotti che queste immettono sul mercato, non per i mezzi tecnici (fertilizzanti inclusi) che queste utilizzano. Se un Ente Certificatore propone di certificare un fertilizzante alla società produttrice non commette nulla di illegale, semplicemente si offre di predisporre un documento tecnico che relaziona sulle caratteristiche del formulato e, se del caso, ne sottolinea la rispondenza ai requisiti per l'impiego in agricoltura biologica, ma tale documento non ha alcun valore legale, né tantomeno è richiesto dalla legge.
Pertanto è opportuno che a tutti, produttori e utilizzatori di fertilizzanti, sia ben chiaro che le cosiddette certificazioni per l'agricoltura biologica sono una scelta volontaria e di marketing, ma non sono dei documenti di cui obbligatoriamente si debbono dotare.