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Fonte: Rivista "Uva da tavola" - Articolo a cura di:
Gonzalo Allendes Lago: Ing. PUCV - Director tecnico Corporativo AGQ Labs  Mirko Sgaramella: Agronomo - Consulente in viticoltura da tavola

 

La determinazione del contenuto di questo amminoacido nelle radici delle arboree fornisce informazioni sulle riserve azotate della coltura e permette di razionalizzare l'apporto di fertilizzanti

 

La ripresa vegetativa delle specie a foglia caduca (vite, drupacee, actinidia, melograno, ecc.) è influenzata dalla disponibilità negli organi di riserva di alcune molecole necessarie a far ripartire l'attività della pianta. Tra queste ricordiamo l'amido, il fosforo, il potassio e l'arginina. L'amido è una fonte di riserva dei carboidrati, che fornisce energia nella fase di risveglio della pianta; il fosforo e il potassio rientrano nel metabolismo energetico della stessa; l'arginina è una riserva di azoto che ci da indicazione sulla disponibilità di questo elemento ad essere metabolizzato. Le colture in cui l'analisi delle riserve è maggiormente utilizzata sono l'uva da tavola e da vino, sempre più frequentemente il noce, il ciliegio e numerose altre specie decidue.

 

In questo articolo saranno fornite informazioni relative all'amminoacido arginina e sarà descritto in che modo ottenere informazioni, sullo stato delle riserve di azoto nelle varie specie arboree a partire dalla conoscenza del suo contenuto nelle radici. Il fine è quello di fare un passo verso una più razionale fertilizzazione azotata basando le decisioni non su una stima "a occhio" dei bisogni della coltura, ma sulle sue reali esigenze misurate.


La crescita delle piante è spesso limitata dalla disponibilità di sostanze nutritive. In molti casi l'azoto è l'elemento limitante. La carenza di azoto causa effetti dannosi sulla produttività agricola, tuttavia un'eccessiva fertilizzazione azotata è responsabile di impatti economici e ambientali negativi. Per migliorare l'efficienza d'uso dell'azoto è importante conoscere i suoi meccanismi di assorbimento, stoccaggio e riutilizzo e comprendere l'interazione di questi processi con la regolazione dello sviluppo delle piante e la difesa dai fattori di stress.


Assimilazione e traslocazione dei nutrienti

Durante la stagione vegetativa le piante arboree assimilano acqua ed elementi nutritivi: una parte dei nutrienti è immediatamente utilizzata, la parte restante viene traslocata nei vari organi di riserva e accumulata. Sebbene molto spesso nei frutteti irrigati si osserva la presenza di nuove radici anche in piena estate, il picco di formazione di nuove radici si osserva quasi sempre in due momenti: a) primavera, durante la fioritura; b) autunno, dopo la raccolta dei frutti (se non eccessivamente tardiva), a seguito di un afflusso di carboidrati verso la radice.

 

Tra gli elementi assorbiti vi è, come ovvio, anche l'azoto, as­similato prevalentemente in forma di nitrato. Nel corso della fase vegetativa della pianta, il nitrato che entra nelle radici può seguire due strade: a) essere tal quale trasferito nelle foglie; b) essere convertito in ammonio direttamente nelle radici.

 

L'ammonio però non può accumularsi tal quale nelle radici sia perché è tossico in concentrazioni elevate, sia perché il suo accumulo inibirebbe l'ulteriore assimilazione di azoto. Per questo viene rapidamente trasformato in composti non tossici come gli amminoacidi. Gli amminoacidi svolgono numerose funzioni e sono coinvolti nella traslocazione dell'azoto dalle radici fino alle foglie e ai frutti. Praticamente tutto l'ammonio ottenuto nelle radici viene convertito in glutammina e poi glutammato.

 

A partire da quest'ultima molecola si ottiene anche l'arginina.


Accumulo delle riserve

In autunno le specie che perdono le foglie convertono le proteine presenti nelle foglie senescenti principalmente in arginina e traslocano in questa forma l'azoto verso radici, fusto, branche e rami dove si accumuleranno come riserve di azoto. Le riserve di azoto stoccate negli organi appena elencati riveste un'importanza sempre maggiore man mano che le piante crescono e aumenta la loro capacità di accumulazione.

Alcuni esempi: Nel pesco, circa il 50% dell'azoto presente nelle foglie (circa 30 kg di azoto/ha) viene spostato dalle foglie alle strutture di riserva alla caduta delle foglie. Circa il 45% dell'azoto utilizzato per la crescita di un intero anno in piante di pero di 5 anni viene dalle riserve di azoto accumulate. Allo stesso modo, nei mandorli maturi, si stima che l'azoto di riserva contribuisca per il 50% al fabbisogno annuale per la crescita.

 

Va ricordato inoltre che l'azoto accumulato negli organi di riserva proviene non solo dall'azoto che arriva dalle foglie senescenti ma anche ad opera dei nutrienti appena assorbiti durante l'autunno che vengono direttamente accumulati nelle radici in attesa di essere traslocati ai germogli e alle foglie la primavera seguente. Questa peculiarità risulta importante dal punto di vista applicativo perché può essere sfruttata arricchendo le riserve della pianta per mezzo di fer­tilizzazioni mirate durante il periodo autunnale.

Possiamo concludere quindi che il contenuto di azoto nelle radici e nei rami inizia ad aumentare a fine estate alla fine dello sviluppo vegetativo e raggiunge il massimo livello in inverno per poi diminuire nuovamente alla ripresa vegetativa in primavera.



Questo concetto tornerà utile in fase di posizionamento del campionamento e di comprensione dei risultati dell'analisi dell'arginina che andremo ad effettuare sugli arboreti in pieno inverno in corrispondenza del pieno riposo vegetativo della coltura.

 

Invece nelle specie sempreverdi non si osserva particolare accumulo di riserve nelle radici e gli altri organi di deposito. Il principale sito di accumulo di riserve durante il riposo vegetativo è rappresentato dalle foglie più vecchie.


Mobilizzazione e traslocazione

In primavera le sostanze nutritive accumulate negli organi di riserva vengono mobilizzate e traslocate alla chioma. Questo processo dura mediamente due mesi (anche meno se le sostanze nutritive accumulate l'anno prima sono scarse). In generale più grandi sono le radici e gli altri organi di riserva (quindi maggiore è l'età della pianta), maggiore è anche la capacità di accumulare riserve. La ripresa vegetativa delle specie arboree avviene quasi sempre prima che l'apparato radicale sia capace di assorbire adeguate quantità di nutrienti dal suolo. Questo significa che le prime fasi di attività vegetativa degli alberi in primavera sono possibili grazie all'utilizzo di elementi nutritivi accumulati in precedenza nelle radici, nel fusto, nelle branche e nei rami.

 

Quando in primavera riprende l'attività vegetativa, la parte aerea della pianta richiede elevate quantità di carboidrati, amminoacidi e composti organici dell'azoto.

 

I carboidrati sono forniti a partire dall'amido che nel corso della stagione è stato conservato nella radice (soprattutto dopo la raccolta dei frutti). L'amido viene idrolizzato fino a formare zuccheri semplici; dalla radice questi ultimi vengono trasportati, prevalentemente in forma di linfa elaborata, verso la parte aerea. Parleremo di amido più avanti nel corso dell'articolo.

 

La principale fonte di azoto al germogliamento è invece rappresentata dall'arginina.


Natura chimica dell'arginina

L'arginina libera è il costituente principale degli estratti dei tessuti legnosi di stoccaggio di melo, pesco, susino e ciliegio in dormienza. Considerazioni analoghe possono essere fatte per la vite. La struttura molecolare dell'arginina, con il suo elevato rapporto tra gli atomi di azoto (4) e di carbonio (6), spiega perché questa molecola si comporta come la più efficiente tra le forme di riserva di azoto. L'arginina è pertanto una forma importante di stoccaggio e trasporto dell'azoto organico nelle piante e svolge un ruolo importante per la sintesi proteica. Questo amminoacido è inoltre un precur­sore delle poliammine e dell'ossido nitrico (NO) e un me­tabolita essenziale per molti processi cellulari e di sviluppo. L'arginina è la principale fonte azotata che ha la pianta al germogliamento. Il metabolismo dell'arginina svolge pertanto un ruolo chiave nel ciclo dell'azoto delle piante.


Determinazione del contenuto di arginina nelle radici

Da quanto finora descritto ne consegue che conoscere la disponibilità di riserve utilizzabili dalla pianta nelle radici e negli organi di riserva ci dà importanti informazioni sulla capacità della coltura di svolgere in modo ottimale risveglio vegetativo, fioritura e allegagione.

Da qualche anno sono presenti anche in Europa laboratori attrezzati per l'analisi del contenuto di arginina nelle radici, una determinazione cui si affianca quella del contenuto di amido, fosforo e potassio in modo da avere misura dello stato del contenuto di riserve della pianta appena prima del risveglio vegetativo.

Le indicazioni che derivano da queste analisi permettono di pianificare in modo razionale gli apporti di fertilizzanti a) in primavera, per compensare eventuali carenze rivelate dall'analisi; b) in autunno, per permettere alle piante di accumulare riserve fino a quel momento non immagazzinate. In generale l'accumulo di questo amminoacido inizia al principio dell'autunno (inizio caduta foglie), raggiungendo il suo picco nei mesi invernali, il principale "sink metabolico" è la radice, poiché ha strutture specializzate per la conservazione di questo amminoacido. I valori normali di riferimento per l'arginina sono compresi tra 2,5 e 3,0% (o 25-30 mg/g), anche se variano a seconda della zona, della specie e persino della varietà considerata.

Il livello di arginina presente nelle radici dipende dallo stato nutrizionale del frutteto, dall'intensità del freddo invernale e dalla data del campionamento, che dovrebbe coincidere con la pausa invernale massima (riposo vegetativo) nei climi temperati freddi (Cile, Spagna, Italia, California, ecc.) e dopo la potatura di produzione in climi subtropicali o tropicali (il caso di uva da tavola in Perù o Ecuador).



Arginina indicatore metabolico della pianta

L'analisi dell'arginina può essere utilizzata come indicatore delle riserve nutrizionali, come indicatore della nutrizione azotata, ma soprattutto come indicatore metabolico generale della pianta. Una vite con un alto contenuto di arginina nelle radici, non deve necessariamente essere interpretata come vigorosa, al contrario riflette una condizione di equilibrio da parte delle piante campionate. In conclusione, l'interpretazione corretta di questa analisi ci aiuta ad avere un'idea preventiva di come si comporterà la coltura nella stagione successiva.

 

È bene ricordare che nel caso della vite e di altre specie decidue, in generale le concimazioni iniziano dopo che la pianta ha iniziato a germogliare, sino a quel momento l'impianto infatti lavora con le riserve che ha accumulato. Ora, se la pianta ha poche riserve non significa che smetterà di crescere, ma che indirizzerà buona parte di quelle riserve per favorire il suo sviluppo vegetativo, probabilmente a scapito dello sviluppo del resto degli organi; la pianta tuttavia ha anche necessità di provvedere allo sviluppo delle radici e dei frutti, che sarà così penalizzato dalla mancanza di riserve e che noteremo solamente a stagione in corso, periodo in cui, non c'è molto che possa essere fatto per recuperare una brutta partenza. Altri elementi utili che possiamo dedurre sono: prima di primavere fredde prevedere misure opportune volte ad evitare i rischi legati alla "febbre di primavera"; avere informazioni che fungono da segnale e che indicano propensione della pianta al "disseccamento del rachide"; valutare la qualità del freddo invernale; valutare la qualità della fertilizzazione di riserva (post-raccolta); valutare lo stato di partenza post-potatura.


Oltre l'arginina: amido, fosforo e potassio

Contrariamente all'arginina, l'accumulo di amido inizia  presto durante la stagione, verso la fine della primavera e durante l'estate, raggiungendo il suo massimo nel periodo invernale. Questo accumulo è molto più alto nella radice rispetto ai rami poiché dispone di strutture specializzate per il suo accumulo.

 

Il maggior utilizzo di questa riserva comincia dal germogliamento e diventa minimo verso l'estate e massimo nel periodo invernale. Questa traslocazione avviene dagli organi di riserva verso i nuovi germogli ed è di vitale importanza avere livelli adeguati per il normale sviluppo del materiale vegetativo. I valori normali oscillano tra 2,5 e 3% e devono essere correlati con i livelli di arginina.

Bassi livelli di amido possono essere causa di basso vigore, inoltre il poter contare sul suo monitoraggio può aiutare nel recupero di piante poco sviluppate o nel controllo dell'eccessivo vigore.

 

Nella vite dalla fase di accrescimento frutto sino alla raccolta si produce un grande consumo di carboidrati da parte di tutti gli organi della pianta, i frutti possono arrivare a consumarne fino al 70%, quindi un buon funzionamento metabolico ha una diretta relazione con lo stato nutrizionale della pianta. In questo processo il potassio e il fosforo giocano un ruolo fondamentale. Gli organi competono sia per carboidrati che per il potassio, una scarsa disponibilità di entrambe le componenti ne potrebbe influenzare la successiva induzione a fiore.



Il fosforo nelle radici ha un comportamento simile all'argini­na accumulandosi nelle radici da fine estate e raggiungendo il suo massimo a fine inverno, muovendosi un po' più tardi durante il germogliamento verso la fioritura.

 

Si ritiene che abbia un'incidenza diretta sulla quantità e qualità del primo flusso di accrescimento delle radici oltre a fornire l'energia necessaria per il germoglia mento, è per questo motivo che è essenziale prendersi cura delle radici e monitorare i livelli di fosforo tanto nelle foglie quanto nelle radici (in inverno). Si considera che valori tra 0.15 e 0,2 % sono sufficienti per un buono stato di riserva.

 

Riguardo il potassio nelle radici la discussione riguardo questo tema è ancora aperta, poiché non è stata descritta alcuna forma specifica di riserva. Inoltre una grande percentuale di questo è concentrata nei frutti e la sua domanda sarebbe coperta da ciò che può accumulare la parte aerea delle piante.

 

Questo è vero quando i livelli di potassio sono normali nella parte epigea. In realtà il fabbisogno di potassio non è sempre soddisfatto, soprattutto a causa del cattivo monitoraggio nutrizionale delle piante e dei programmi di concimazione poveri e che terminano troppo presto durante il ciclo.

 

È stato inoltre descritto migliore germogliamento e resa quando i livelli di potassio nelle radici sono compresi tra 0,35 e 0,45%.



Procedura di campionamento

Per realizzare una corretta procedura di campionamento dell'apparato radicale e quindi essere sicuri di analizzare un campione di radice rappresentativo del settore analizzato occorre seguire il protocollo di campionamento fornito dal laboratorio che effettua l'analisi. In linea generale, e senza pretesa di completezza, seguiranno i punti principali cui è necessario prestare attenzione.

 

È molto importante innanzitutto considerare che tutti questi indicatori sono utili quando la massa radicale si trova in buone condizioni, ovvero in salute e abbondante.

 

Per questo motivo la preparazione del terreno, l'irrigazione e la nutrizione giocano un ruolo fondamentale. La qualità delle radici definisce in larga misura il successo nello sviluppo vegetativo e riproduttivo.

 

L'epoca di campionamento per queste analisi dipenderà dall'area geografica in cui ci si trova. In generale, è a fine inverno (ad esempio febbraio, emisfero settentrionale), agosto (emisfero australe). In corrispondenza dei periodi indicati le riserve della pianta sono state traslocate nella loro totalità alla radice. Se il campionamento viene effettuato in primavera, i valori ottenuti tendono ad essere più bassi, dal momento che cominciano a essere distribuiti nella pianta e non sono più rappresentativi. La zona di campionamento deve risultare omogenea per specie, varietà, sviluppo vegetativo e produttivo ma anche per tipo di suolo e pratiche colturali. Tra le piante che costituiscono il campione non dovranno essere incluse quelle troppo o troppo poco vigorose o produttive.



Se invece l'obiettivo è indagare sull'anomalia o il problema di uno specifico settore andranno analizzate le piante che presentano il problema ma anche le piante apparentemente sane in modo da poter effettuare un confronto dei due campioni.

 

Riguardo le caratteristiche delle radici prelevate, si ricorda che queste non devono essere più grosse di una matita e dovranno essere prelevate nella zona di massima attività radicale, tra i 10 e i 50 cm di profondità del suolo. La distanza dal fusto deve essere di almeno 15 - 20 cm preferendo la zona di suolo bagnata dal punto goccia. Il campione, composto da almeno 300 g di radici, deve essere conservato in frigo. Ciascuno di questi accorgimenti riduce il rischio di alterare il risultato delle analisi.

 

La determinazione del contenuto di arginina nelle radici durante il periodo di riposo vegetativo, unito alle altre analisi condotte sulle radici nel medesimo periodo (amido, potassio e fosforo) forniscono numerose indicazioni sullo stato delle riserve della coltura e razionalizzano il processo decisionale attuato dal produttore e dall'agronomo in fase di apporto di elementi nutritivi con le fertilizzazioni. Questa determinazione, unita agli altri strumenti di misurazione del contenuto di elementi nutritivi del suolo, delle acque di irrigazione, della soluzione circolante e della pianta, dei parametri meteorologici, fornisce un importante strumento di supporto alle decisioni utile sia a ottimizzare i risultati produttivi in termini quali-quantitativi sia a contenere costi, perdite di produzione e impatto ambientale.

 

Arginina: indicatore delle riserve di azoto

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