Fonte: Periodico "Vigne Vini & Qualità"
Articolo a cura di Gian Paolo Ponzi
Dalla recrudescenza degli attacchi su vigneti giovani all'analisi più approfondita delle fonti d'inoculo, da soluzioni come la dendrochirugia alla prevenzione con antagonisti biologici.
Recrudescenza del mal dell'esca sulla vite. Le grida di allarme si alzano da qualche anno da praticamente tutte le zone vitate italiane. E se un tempo l'incidenza variava enormemente in funzione dell'età dell'impianto, oggi sempre più spesso si registrano sintomi e fallanze anche su impianti giovani, di 8 o anche di 7 anni d'età.
Accuse e sospetti
Quanto basta per scatenare una ridda di accuse e di sospetti: colpa dell'impiantista e dell'errata densità d'impianto, colpa del terzista e dei danni della vendemmia meccanica, colpa del vivaista e dell'innesto non eseguito a regola d'arte. Troppi sospettati, per un crimine su cui finora non si è ancora del tutto indagato. Le Malattie del legno sono chiamate così, al plurale, perché i responsabili potrebbero essere più di uno. "Noi infatti - ammonisce Laura Mugnai, dell'Università di Firenze - vediamo sintomi fogliari simili, però le macchie che troviamo nel legno, nei vasi xylematici, possono essere legate a diversi patogeni. Oppure lo stesso patogeno può dare origine a sintomi diversi, un po' come capita sul frumento con gli attacchi di Fusarium, che possono generare mal del piede o fusariosi della spiga".
La vera sindrome del mal dell'esca, così come abbiamo chiarito oggi anche grazie agli studi di Mugnai, è determinata dalla sovrapposizione, o piuttosto in alcuni casi, dalla successione di una tracheomicosi e di una carie. Per la prima gli agenti causali sono principalmente Phaemoniella clamidospora e Phaeoacremonium aleophylum, mentre il principale agente di carie è Fomitiporia mediterranea.
L'innesto non c'entra
Dove si trova l'inoculo'? Cosa predispone la pianta agli attacchi? Quali sono le azioni di prevenzione più efficaci?
"Le vie di accesso preferenziali - commenta Mugnai - sono sicuramente ferite come quelle di potatura. L'infezione avviene per via aerea e l'inoculo è presente sul legno piuttosto che nel terreno. Tutti i funghi coinvolti, a parte Phaemoniella clamidospora, non sono tipici della vite e li abbiamo riscontrati anche su altre specie arboree. Ad incidere sull'attuale recrudescenza potrebbero essere la densità e la forma d'allevamento, nonché la gestione del legno; di sicuro c'è molta differenza trai vitigni".
"La suscettibilità varietale - conferma Elisa De Luca dei Vivai Cooperativi Rauscedo - è sicuramente uno dei fattori su cui occorre maggiormente indagare". Le varietà più colpite dal mal dell'esca sono infatti spesso le stesse: Cabernet sauvignon, Traminer, Incrocio Manzoni, Lambrusco salamino, Croatina, Glera, suscettibili indipendentemente dal tipo di innesto effettuato, dal vivaio dove sono cresciute, il vivaista che le ha prodotte, ma le basi fisiologiche di questa predisposizione non sono ancora state individuate".
Assolutamente da scagionare quindi l'innesto. "Sia che sia a omega a spacco a incastro o a verde: se è fatto a regola d'arte, se la barbatella è morfologicamente ben conformata, con un callo regolare, allora non ci sono problemi", commenta De Luca.
"Si tratta sempre di un taglio, ma lo è anche l'alternativa dell'innesto o sovrainnesto effettuato in campo, che genera possibili punti di accesso per l'inoculo fungino, con minori garanzie fitosanitarie". Può allora essere presente in vivaio questo inoculo?
"Abbiamo effettuato decenni di indagini, analizzato più di 40mila piante dal 1995 nei 108 ettari di Fossalon di Grado, individuando sempre presenze bassissime di patogeni fungini coinvolti nel complesso del mal dell'esca. Addirittura mai nessuna traccia di Phaemoniella clamidospora". La fase di campo delle barbatelle dura non più di 6 mesi e la rotazione con mais e soia è di almeno 5-6 anni. Le indagini effettuate a Fossalon e altre zone hanno comunque permesso di vedere che, la varietà e l'andamento climatico hanno grande importanza sulle manifestazione dell'esca anche se i funghi dell'esca non ci sono nel terreno si possono avere manifestazioni anche eclatanti.
Una tecnica odontoiatrica
Recenti indagini hanno ridimensionato l'influenza dei piccoli tagli di potatura, ritenuti un tempo il maggiore fattore di rischio, sulla diffusione della malattia nel vigneto. Al contrario i grandi tagli di potatura devono essere accuratamente disinfettati e protetti con mastici cicatrizzanti e i residui della potatura dovrebbero essere trasportati al di fuori del vigneto e bruciati. La tecnica oggi più in voga è però quella della dendrochirurgia. Una tecnica chirurgica, o forse meglio dire odontoiatrica, di rimozione delle carie del mal dell'esca tramite trapani e frese. "L'unica tecnica - dice Denis Cociancing dei Preparatori d'Uva - in grado di curare e non di prevenire l'esca".
Possibile? Anche se si rimuove il legno colpito, l'inoculo rimane comunque ben presente all'interno della pianta.
"Fino a 10 anni fa - ha lamentato all'ultima Fieragricola Mattia Vezzola, anologo guru del Franciacorta - registravamo fallanze da mal dell'esca pari al 5-7% ogni anno". Un grosso guaio per chi, come Vezzola, ha fatto della longevità del vigneto uno dei maggiori fattori per caratterizzare la qualità delle proprie rifermentazioni. "Oggi grazie al metodo Simonit & Sirch abbiamo imparato a potare e abbiamo ridotto tale percentuale allo 0,6%".
"Con la dendrochirurgia - commenta Mugnai - rimane comunque tanto potenziale inoculo nella pianta, ma i risultati sembrano esserci. Può essere che l'intervento produca un cambiamento nella fisiologia della pianta".
I Preparatori d'Uva però non divulgano dati sulla percentuali di successi e comunque non c'è nulla finora di pubblicato. Altre possibilità?
DALLE FOGLIE TIGRATE Al DISSECCAMENTI REPENTINIProgressivo disseccamento dei tralci con alterazioni delle foglie e lesioni al tronco e alle branche. È il principale sintomo del mal dell'esca in fase cronica. Sulle foglie i sintomi appaiono con aree clorotiche, prima piccole e isolate e che col tempo tendono a confluire formando ampie aree prima giallastre e poi bruno-rossastre.
Le nervature centrali e i tessuti intorno rimangono invece verdi, conferendole il classico aspetto tigrato. Successivamente i tessuti necrotizzano, disseccandosi e portando a una prematura caduta delle foglie.
Tale sintomatologia è dovuta all'emissione, da parte di tali funghi, di per sé debolmente patogeni, di fitotossine che vengono veicolate vascolarmente all'interno della pianta. Queste inducono la pianta a modificare il metabolismo portando alla manifestazione dei sintomi. Sui tralci colpiti le gemme tendono a germogliare in ritardo, poi avvizzendo e disseccando. Sul legno, inizialmente compaiono venature nerastre longitudinali che, in sezione appaiono come punteggiature o aree nerastre. La fase successiva è la comparsa della carie bianca. Il tessuto legnoso appare friabile, spugnoso e di colore giallastro.
Sui grappoli, gli acini tendono ad avvizzire, si raggrinziscono mummificandosi oppure si spaccano aprendo la via ad altri marciumi o insetti. |
Nella fase acuta, che in genere porta alla morte repentina della pianta, il mal dell'esca si manifesta, già all'inizio dell'estate, con disseccamenti improvvisi di tutto l'apparato vegetativo o parte di questo, e l'appassimento dei grappoli che rimangono appesi ai tralci. In genere la fase acuta, favorita da estati siccitose, avviene quando le piante hanno già manifestato, negli anni precedenti, i sintomi della fase cronica. |
Prevenire con il Trichoderma
"Buoni risultati - assicura Massimo del Pane di Isagro - sono ottenuti con il contenimento biologico del mal dell'esca mediante l'utilizzo di Remedier, un agrofarmaco a base di Trichoderma asperellum e Trichoderma gamsii ad azione fungicida antagonista". La sua applicazione, soprattutto nei vigneti più giovani, al momento del pianto della vite e/o comunque alla potatura, ha la capacità di impedire la colonizzazione da parte del patogeno, diminuendo di gran lunga le nuove infezioni e pertanto riducendo, col tempo, l'incidenza della malattia nell'appezzamento.