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Fonte: Periodico "Uva da tavola"
Articolo a cura di Floema - Studio Agronomico Mediterraneo

 
In Italia l'aumento degli impianti ha favorito lo sviluppo di nuovi patogeni. Purtroppo il produttore non possiede ancora adeguati mezzi di controllo.

 

Il melograno (Punica granatum L., famiglia Punicaceae) è una pianta antica originaria dell'Asia centrale e diffusasi poi nel resto dell'Asia e dell'area del Mediterraneo, oggi presente nei cinque continenti. È un albero multi-tronco a foglie caduche con aspetto cespuglioso e che, con uno specifico sistema di allevamento, può raggiungere i 5 metri di altezza.

 

È una pianta molto rustica che si adatta bene ad ambienti e suoli di natura differente, tollerando anche condizioni estreme caratterizzate da terreni poveri, salini, calcarei e con scarsità idrica. Il frutto, molto versatile, si presta a diversi usi: frutto fresco, succo, vino, concentrati e arilli.

 

La crescente consapevolezza dei benefici derivanti dalle sue molteplici proprietà nutrizionali, farmacologiche, funzionali e cosmetiche, ha incrementato sensibilmente la domanda di frutto fresco e succo, stimolando così la produzione agricola di questo prodotto in tutto il Mondo e incrementando la superficie italiana coltivata a melograno a circa 1000 ettari, ubicati quasi totalmente nel regioni del Sud, soprattutto Puglia, Sicilia, Basilicata e Calabria.


L'aumento delle coltivazioni intensive e delle superfici totali  di questa coltura ha però favorito l'introduzione di alcuni patogeni che nei primi anni non venivano osservati e che oggi, purtroppo, sono quasi sempre presenti nei melograneti.

 

Il problema più importante da affrontare per i produttori è la mancanza di sostanze attive registrate per il controllo di tali patogeni. Ancora oggi non vi è corrispondenza tra i problemi realmente riscontrati in campo e le malattie elencate per questa coltura nei Disciplinari Regionali di Difesa Integrata. Se è vero che il melograno ha avuto un "boom" produttivo negli ultimi 8 anni è altrettanto vero che le aziende chimiche e le istituzioni non sono riuscite a tenere il passo con le crescenti difficoltà degli agricoltori.

 

La cooperativa Pomgrana è una struttura organizzata che da anni opera sul territorio per superare le difficoltà e le problematiche dei produttori di melograno distribuiti tra Puglia, Basilicata e Calabria. Per questo è stato avviato un lavoro di indagine svolto in collaborazione con Università ed enti di ricerca, al fine di identificare i patogeni agenti causali delle malattie riscontrate in campo.

 

Rilevata l'assenza di sostanze attive utilizzabili per il contenimento dei patogeni, sono state individuate soluzioni alternative mediante l'utilizzo di prodotti che non necessitano di registrazione o con autorizzazione di uso in deroga. Il lavoro che la cooperativa Pomgrana sta svolgendo sul melograno nel Sud Italia ci ha permesso di realizzare questo articolo. Si ringrazia Domenico Annicchiarico, presidente di Pomgrana, per le informazioni fornite.



Alternaria

L'alternarla, conosciuta anche come "cuore nero" del melo­grano, è una delle patologie più importanti a livello mondiale per questa coltura. La malattia si caratterizza per l'annerimento dei frutti, nei quali il patogeno in primavera entra dal calice, mentre all'esterno il frutto continua a mostrarsi sano.

 

L'infezione ha inizio in campo soprattutto in presenza di piogge durante la fioritura e l'allegagione. Il fungo cresce e si sviluppa all'interno del frutto senza manifestare sintomi esterni. Su foglie si presenta con macchie nere puntiformi, (interessa da un singolo punto a più del 50% della superficie fogliare); in seguito queste diventano clorotiche e cadono. Le macchie sulle foglie che appaiono all'inizio dell'estate su tutte le cultivar sono piccole, rotonde o irregolari (1-4 mm).

 

Ogni macchia manifesta un alone giallo-verde che circonda una lesione necrotica. Tuttavia i sintomi finora descritti sono variabili in funzione della varietà, del clima, del sistema di allevamento e della gestione nutrizionale.

 

Quando si apre un frutto infetto, si osservano all'interno marciumi degli arilli, che vanno dal marrone (forma molle) a nero (forma secca), mentre all'esterno i frutti appaiono perfetti. In campo i frutti infetti da alternaria si possono identificare per il colore lievemente diverso da quello dei frutti sani: per questo motivo durante la raccolta molti frutti possono sfuggire ad un occhio meno esperto. Più semplice identifi­carli in fase di conservazione.


In Paesi come California, Grecia e Israele le perdite in campo causate dall'alternarla possono raggiungere punte del 50%, mentre in Italia sono inferiori e si attestano tra 5 e 15% (variazioni dovute principalmente ai piani nutrizionali eseguiti dai produttori ed alle differenze ambientali).

Uno dei danni maggiori di questa malattia riguarda la qualità del prodotto alla vendita, in quanto - come detto - il frutto alterato apparentemente sano può giungere al consumatore finale, causando sfiducia negli acquisti ed una conseguente riduzione dei consumi negli anni.

Inoltre i frutti infetti non possono essere trasformati in succo, in quanto il loro utilizzo deteriora il prodotto finito.


Botrite

La botrite (o muffa grigia), causata da Botrytis spp., è la principale malattia del post raccolta su melograno in tutto il Mondo. Diversi studi hanno dimostrato che la malattia si può sviluppare sia da ferite, sia da infezioni latenti che si verificano in campo durante la fioritura e che, in determinate condizioni di stress (biotici, abiotici e nutrizionali) portano a perdite più o meno gravi.

 

L'infezione inizia in campo e le spore sono presenti nel calice già alla raccolta in forma latente, per poi svilupparsi in conservazione manifestando i tipici sintomi della malattia.

 

Lo sviluppo di botrite è facilitato da condizioni ambientali di elevata umidità in fioritura e durante il periodo che precede la raccolta. Nel melograno in particolare, le infezioni sono favorite anche dalla tipica biologia fioraie e dalla morfologia del frutto; la corona infatti rappresenta un punto critico perché al suo interno restano spesso intrappolati residui fiorali (stami, pistilli e in alcuni casi petali) che possono dare il via alle infezioni botritiche e perché è difficile arrivare con le irrorazioni all'interno.

Nel melograno, caratterizzato da una elevata scalarità di fioritura, diventa importante il posizionamento dei trattamenti preventivi e/o curativi, soprattutto con prodotti rameici, microganismi e zeolite. Le varietà precoci risultano maggiormente suscettibili alle infezioni di Botrytis e, rispetto alla Wonderful, manifestano già in campo i sintomi tipici della malattia. Questi si osservano dapprima sui residui fiorali all'interno della corona, per poi svilupparsi con macchie marroni traslucide alla base della corona e all'interno del frutto.



 

Coniella granati

L'agente patogeno, presente già in diversi Paesi nei quali si coltiva melograno, è stato isolato per la prima volta in Italia nel 2015.

 

I sintomi osservati sui frutti in post-raccolta consistono in lesioni circolari giallo-marroni, a cominciare dalla corona ed espandendosi successivamente all'intero frutto. La parte colpita presenta un rammollimento della buccia e degli aril­li. Le colonie del fungo si presentano di colore bianco cremoso, ricoperte da un abbondante micelio di colore marrone tendente al nero.



Nei frutteti, il patogeno sverna in forma di picnidi o micelio nei cancri remeali, nelle mummie e nei residui di potatura.

 

L'infezione sul frutto parte da ferite (fori provocati da insetti, uccelli, spine) o da screpolature naturali e può diffondersi per contatto tra frutti infetti e sani. La temperatura ottimale per la crescita del patogeno varia da 25 a 30° C; il fungo cresce lentamente al di sotto dei 15°C e si blocca a 35° C.

Le perdite causate da Coniella non sono state stimate, poiché si tratta di una nuova malattia del melograno, in Italia fortunatamente non ancora molto diffusa.

 

Nel Sud Italia si è rilevata una maggiore presenza del patogeno, dove ad oggi si stima possa aver causato fino a un 10% di mortalità delle piante in pieno campo (cancri del legno), e  per il quale non esistono ancora metodi di controllo curativi.

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