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Sistema di Supporto Decisionale (DSS) per Produzioni Bio & Integrate

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Fonte: periodico "Vite & vino" 
Articolo a cura di G. Fedele, M. Si Ammour, E. Gonzalez-Dominguez,T. Caffi,V. Rossi

 
Le ultime acquisizioni sul patpgeno evidenziano come il trattamento in fioritura risulti strategico sia in termini di efficacia, sia per la maggiore flessibilità nella scelta dei successivi interventi rispetto al trattamento in pre-chiusura grappolo.

La muffa grigia, marciume del grappolo causato da Botrytis cinerea Pers., è una tra le malattie più rilevanti della vite, in grado di causare importanti perdite produttive. Può colpire tutti gli organi erbacei della vite, ma il maggiore impatto è causato dagli attacchi ai grappoli. In casi di epidemie gravi, infatti, si osserva una riduzione nella produzione d'uva e della sua qualità per la vinificazione.

 

Le perdite produttive sono attribuibili alla perdita di grappolini erbacei, di bacche in fioritura e allegagione e, dall'invaiatura in poi, al tipico marciume delle bacche. Dal punto di vista enologico, il peggioramento qualitativo del prodotto è determinato da variazioni nella composizione chimi­ca delle bacche infette.

 

In particolare, uve colpite da B. cinerea possono contenere acido gluconico fino a 6,5 g/L e glicerolo fino a 32 g/L. Anche in uve con infezioni latenti sono stati riscontrati quantitativi di glicerolo e acido gluconico pari a 3,9 e 1,3 g/L, rispettivamente; mentre i valori di uve sane dovrebbero essere mediamente di 0,16 g/L di acido gluconico e 0,23 g/L di glicerolo (Nigro e Versari, 2008).


L'EPIDEMIOLOGIA DI BOTRYTIS CINEREA

B. cinerea è in grado di svilupparsi e crescere attivamente come necrotrofo e saprofita su differenti sub­strati organici e, a seconda della fase fenologica, come patogeno a carico di vari organi della vite (Elmer e Michailides, 2007).

 

B. cinerea può sopravvivere alla stagione invernale come micelio nei tessuti infetti e/o come sclerozi sui tessuti della pianta ospite o sulla superficie del suolo. Su queste fonti d'inoculo, in condizioni favorevoli, viene prodotto un vasto numero di conidi. Questi sono considerati la forma più importante di inoculo di B. cinerea e causano infezioni su infiorescenze e giovani grappoli attraverso vari meccanismi (pathways) d'infezione: infezioni co­nidiche degli stili e degli ovuli (pathway I); infezioni conidiche degli stami o dei petali (pathway IIa); infe­zioni delle bacche attraverso il pedicello (pathway IIb) (Elmer e Michailides, 2007).

 

Le infezioni conidiche su infiorescenze e giovani grappoli possono determinare la comparsa di sintomi sul rachide, caliptre e pedicelli delle infiorescenze, o anche colpire l'intero grappolo. Le infezioni delle bacche in fioritura possono anche evolvere in forma latente, cioè essere seguite da un periodo di latenza durante il quale il patogeno è presente all'interno della bacca senza causare sintomi.

 

Le infezioni latenti possono poi evolvere in sintomi visibili dall'invaiatura in poi come bacche marcescenti.


Durante la fioritura il patogeno può anche colonizzare i residui fiorali (fiori abortiti, caliptre e stami), trattenuti all'interno dei grappoli in maturazione (pathway III: infezioni conidiche e colonizzazione di residui fiorali all'interno del grappolo; Elmer e Michailides, 2007).

 

Durante la stagione estiva, B. cinerea si sviluppa come micelio saprofitico sui residui fiorali; in condizioni favorevoli, il micelio colonizzante produce conidi (pathway IV: accumolo di conidi entro i grappoli in maturazione; Elmer e Michailides, 2007), che possono infettare le bacche in maturazione; in questo si assiste alla comparsa della caratteristica muffa di colore grigio con la produzione di ulteriori, abbondanti conidi (pathway Va: infezioni conidiche sulle bacche in maturazione; Elmer e Michailides, 2007). Inoltre, le bacche in maturazione possono essere infettate attraverso il contatto con il micelio prodotto sulle bacche infette adiacenti (pathway Vb: infezioni da bacca a bacca; Elmer e Michailides, 2007).


DUE PERIODI DI RISCHIO INFETTIVO

Durante la stagione si possono, quindi, individuare due principali periodi di rischio: il primo va dallo stadio fenologico di «infiorescenza ben visibile» (BBCH 53; Lo­renz et al., 1995) a quello di «bacche delle dimensioni di grano di pepe» (BBCH 73); il secondo va dallo stadio «la maggior parte delle bacche si tocca» (BBCH 79) a «maturità di raccolta» (BBCH 89).

 

In quest'ultimo periodo, si osserva un aumento progressivo della suscettibilità, associato a cambiamenti strutturali e biochimici durante la maturazione delle bacche.

 

Le infezioni avvengono entro un ampio intervallo di condizioni ambientali, le quali variano in base ai pa­thways d'infezione e alla recettività della vite nei diversi stadi fenologici.

 

Le infiorescenze risultano maggiormente sensibili durante la fioritura; in tale periodo, le condizioni di temperatura ottimali per l'infezione su infiorescenze e giovani grappolini sono di 20 °C e la gravità cresce con il perdurare della bagnatura fogliare.

 

La suscettibilità degli acini cresce dall'invaiatura alla raccolta e, in questa finestra fenologica, la gravità d'infezione aumenta con temperature tra i 15 e i 25 °C, insieme con il numero di ore di bagnatura fogliare e l'elevata umidità relativa (Ciliberti et al., 2016; Cili­berti et al., 2015; Ciliberti et al., 2015).



STRATEGIE DI DIFESA

Nonostante la forte complessità epidemiologica del patogeno, le attuali strategie di difesa sono molto semplici, con trattamenti eseguiti in corrispondenza di quattro specifici stadi fenologici della vite:

  • A, fine della fioritura (BBCH 69);
  • B, pre-chiusura grappolo (BBCH 77);
  • C, invaiatura (BBCH 83);
  • D, pre-raccolta (BBCH <89) (Agulhon et al., 1969; Baldacci et al., 1962).

Questo approccio fenologico deriva dagli esperimenti condotti negli anni 60, soprattutto in Italia e Francia. Baldacci et al. (1962) proposero una strategia basata su 3 applicazioni: a fine fioritura (A), per ridurre le infezioni fiorali e la colonizzazione dei residui fiorai; in pre-chiusura grappolo (B), come ultima possibilità di disinfettare i residui di fioritura rimasti all'interno del grappolo; a invaiatura (C) per far fronte all'aumento di suscettibilità degli acini.

Qualche anno più tardi, Agulhon et al. (1969) suggerirono un quarto trattamento nelle settimane antecedenti la raccolta (D). Questa strategia basata su quattro trattamenti garantisce una buona protezione contro la muffa grigia in vigneto. Essa tuttavia presenta alcuni limiti:

  • si tratta di un approccio preventivo che non considera il reale rischio d'infezione, con il conseguente effetto di eseguire trattamenti non necessari;
  • essendo basata su 4 trattamenti, aumenta la probabilità che si sviluppino resistenze ai fungicidi antibotritici;
  • implica risvolti negativi sulla salute umana e sull'in­quinamento ambientale.


Sulla base di queste considerazioni, sono stati con­dotti vari studi con l'obiettivo di ridurre il numero degli interventi e identificare i momenti chiave in cui raccomandare i trattamenti fungicidi (Bisiach et al., 1978; Corvi et al., 1979; Di Giusto et al., 1980). Questi studi, pur senza risultati univoci, hanno portato a considerare gli interventi in fioritura (A) meno importanti rispetto ad altri. Ad esempio, in Italia, dopo due anni di sperimentazione in cui la strategia ABCD garantì lo stesso controllo di BCD, fu proposto di eliminare il trattamento in fioritura (A). In entrambi gli anni, però, le condizioni ambientali durante la fioritura non furono favorevoli per B. cinerea (Corvi et al., 1979). In Spagna, Pérez-Marín (1998) raccomandò una strategia basata sui trattamenti in B e C, basandosi sull'esito di un esperimento quadriennale condotto in un unico vigneto e senza evidenze statistiche. Resta il fatto che molte linee tecniche di difesa consigliano ai viticoltori un trattamento in B e trascurano quello in A.


Negli ultimi anni, il gruppo di ricerca del Dipartimento delle produzioni vegetali sostenibili, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha condotto una serie di ricerche sull'epidemiologia di B. cinerea in vigneto, con lo scopo di sviluppare un modello matematico capace di definire il rischio d'infezione nel corso della stagione e, quindi, di aiutare a definire l'opportunità degli interventi di difesa. Queste ricerche hanno portato a riconsiderare le attuali strategie di controllo.


MODELLO MATEMATICO PER PREDIRE LE INFEZIONI

Gonzàlez-Dominguez et al. (2015) hanno sviluppato un modello meccanicistico fondato sulle conoscenze epidemiologiche e sul ciclo biologico di B. cinerea.

 

Sulla base dei dati meteorologici e dello stadio di sviluppo della vite, il modello è in grado di predire il rischio d'infezione durante i due periodi di suscettibilità della pianta ospite, tenendo conto dei vari pathways d'infezione.

 

Durante il primo periodo, da BBCH 53 a BBCH 73, il modello calcola il rischio per le infezioni provocate dai conidi sulle infiorescenze e sui giovani grappolini (SEV1), pathways I, IIa, IIb, III. Durante il secondo periodo, da BBCH 79 a BBCH 89, il modello stima il rischio per le infezioni causate dai conidi sui grappoli in maturazione (SEV2) e dal micelio da bacca a bacca (SEV3), pathways Va e Vb. Le variabili di rischio sono calcolate giornalmente e, opportunamente combinate, forniscono una stima sintetica della gravità della malattia alla raccolta.

 

Il modello, inizialmente validato in 21 epidemie di B. cinerea osservate tra il 2009 e il 2014 in Italia e Francia, ha mostrato una precisione pari all'81%. Successive validazioni condotte in 9 vigneti dal 2015 al 2017, in 3 località in Italia, hanno sostanzialmente confermato la bontà del modello e dimostrato che il suo utilizzo è in grado di garantire un miglioramento dei processi decisionali (Fedele et al., 2018). Il modello, oltre a fornire, giorno per giorno, informazioni sul livello di rischio infettivo, permette un'analisi accurata dell'importanza relativa dei diversi pathways d'infezione.


È così emerso che la gravità della malattia sui grappoli a maturità risulta maggiormente influenzata dalla variabile SEV1, rispetto a SEV2 e SEV3 (Gonzàlez-Domínguez et al., 2015). Ciò, pur essendo in controtendenza rispetto agli attuali programmi di difesa (che trascurano il trattamento in A), è comprensibile dal punto di vista epidemiologico.

SEV1, infatti, considera vari fattori:

  • le infezioni latenti avvenute in fioritura;
  • la quantità di residui di fioritura rappresentati da fiori infetti e giovani bacche non allegate;
  • l'incidenza di residui fiorali colonizzati da cine­rea. Tutti questi aspetti sono in grado di influenzare la gravità finale della malattia e, potenzialmente, ne aumentano la gravità.


NOVITÀ NELLE EPOCHE DI INTERVENTO

Il modello, come detto, indica che quanto accade nel periodo della fioritura ha un ruolo rilevante nel determinare la gravità della malattia alla raccolta. Ciò porterebbe a rivalutare il ruolo dei trattamenti in A.

 

Per verificare tale ruolo è stata condotta una meta-analisi su 116 studi, condotti dal 1963 al 2016 in Australia, Francia, Italia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Spagna, Romania, Svizzera e Stati Uniti (Fedele et al., 2017; Gonzalez-Domínguez et al., 2018). Nel complesso, sono state considerate epidemie di diverse gravità (con testimoni non trattati, da praticamente sani a colpiti per oltre 1'85%) e sono state valutate 14 strategie d'intervento raggruppate in 4 tipologie: uno (A, B, C o D), due (AB, AC, BC, BD, CD), tre (ABC, ACD, ABD, BCD) oppure quattro (ABCD) trattamenti per stagione.

 

In sintesi, i risultati della meta-analisi hanno confermato che la strategia ABCD garantisce il miglior controllo della malattia, ma molto spesso conduce a eseguire trattamenti inutili. Il numero minimo di applicazioni necessarie per un controllo ottimale della malattia è, infatti, risultato dipendere dalla gravità del testimone non trattato alla raccolta. Il grafico 1 mostra un esempio di tale concetto.

 

Utilizzando una soglia di accettazione del danno pari al 10% di gravità alla raccolta, un unico trattamento in A fornisce una protezione sufficiente solo se la gravità finale della malattia, nelle parcelle non trattate, è inferiore al 13%; se la gravità finale è del 23%, saranno allora necessari 3 trattamenti.


In casi di epidemie molto gravi, superiori al 68%, sono necessari 4 trattamenti. Ovviamente, al variare del limite di accettazione del danno, variano anche le soglie entro cui occorre adottare una strategia o un'altra.

I risultati della meta-analisi (gra­fico 2) hanno anche evidenziato come, mediamente:

  • si ottenga un miglior risultato con applicazioni in A rispetto a B;
  • la strategia AC garantisca un risultato simile a BC;
  • la strategia ACD sia migliore rispetto a BCD;
  • la strategia ABCD risulti superiore alle altre.




FIORITURA, INTERVENTO CHIAVE NELLA DIFESA ANTIBOTRITICA

Alla luce dei risultati illustrati in questo articolo, pare evidente che il trattamento in fioritura (A) sia da considerare un'applicazione chiave, sia per la sua efficacia sia per la maggiore flessibilità nella scelta delle successive strategie d'intervento rispetto al trattamento in pre-chiusura (B). Il trattamento in B, infatti, non sembra assicurare la stessa flessibilità. Avendo trattato in B, nel caso in cui le condizioni ambientali dall'invaiatura in poi diventino favorevoli a B. cinerea, non risulta possibile raggiungere, anche con interventi in C e D (adottando quindi una strategia BCD), un'efficacia sufficiente a garantire un controllo soddisfacente.

 

Nel complesso, il trattamento in B pare necessario solo in caso si decida di adottare la strategia dei 4 trattamenti; in caso contrario, strategie di tipo AC o ACD, per esempio, sono in grado di assicurare una buona efficacia per quanto riguarda strategie basate su 2 o 3 applicazioni, rispettivamente.

 

La decisione sulla strategia da adottare (1, 2, 3 o 4 applicazioni) rimane comunque legata all'evolvere delle condizioni ambientali, agli stadi di crescita e relativa suscettibilità della vite. Per questo motivo, il modello di Gonzàlez-Dominguez et al. (2015) può costituire un ottimo strumento fitoiatrico per la valutazione del rischio delle infezioni e il conseguente controllo della muffa grigia in vigneto. Il modello considera gli aspetti chiave del ciclo di vita di B. cinerea, le conoscenze scientifiche sulla suscettibilità dell'ospite durante le diverse fasi fenologiche, l'influenza delle condizioni ambientali sui diversi meccanismi d'infezione.


Il modello è stato inserito nel sistema di supporto alle decisioni (DSS) vite.net® (Caffi et al., 2017) ed è quindi disponibile per i viticoltori. In questo DSS, le informazioni relative al vigneto (posizione, varietà, forma di allevamento, ecc.) vengono integrate con i dati raccolti da stazioni agrometeo o da sensori collocati nel vigneto stesso e, quindi, elaborate dai modelli matematici che restituiscono informazioni di supporto alle decisioni con aggiornamento di ora in ora.

 

Ad oggi, il DSS include modelli matematici per la difesa dalle malattie fungine (peronospora, oidio, muffa grigia e black rot) e dagli insetti (tignoletta, scafoideo e cocciniglie) e un modello che fornisce indicazioni circa il livello di protezione garantita dall'ultimo trattamento effettuato (Carotenuto e Legler, 2015).

Muffa grigia delle vite, ruolo chiave dell'intervento in fioritura

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