Fonte: periodico "Fertilizzanti"
Articolo a cura di Luigi Orlandi
luigi.orlandi@vigorplant.it
Articolo estratto dal volume: "I substrati di coltivazione. Aspetti teorici ed applicativi di un fattore chiave delle produzioni in contenitore" Edagricole
Approvvigionamento e stoccaggio delle materie prime
Le materie prime utilizzate per la preparazione dei substrati possono essere di natura organica o minerale. Tra le prime assume una rilevante importanza quali-quantitativa la torba di sfagno, che proviene esclusivamente dai Paesi del Nord Europa. I principali produttori ed esportatori di questo prezioso materiale, largamente utilizzato per la produzione di substrati, sono l'Irlanda, la Svezia, la Finlandia, le Repubbliche Baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania), la Bielorussia e l'enclave russa di Kaliningrad. Da questi Paesi arriva, trasportata su gomma oppure via mare-ferrovia-strada, la torba definita bionda e universalmente conosciuta come white peat.
Già le diverse sfumature di colore, dal giallo paglierino al marrone denunciano una differenza di età, di composizione e naturalmente un diverso grado di decomposizione che secondo la scala di von Post oscilla da H1, la più giovane, a H>5-6, la più vecchia e parzialmente degradata.
Dalle torbiere della Germania, un tempo ricche in torba bionda, si riceve attualmente solo un'ottima torba di sfagno fortemente decomposta (H7 e più).
Nel nostro emisfero esistono vaste aree torbose inutilizzate, come nel Nord della Russia Europea e in Siberia, mentre il Canada, anch'esso ricco di torba, sfrutta alcuni territori per l'estrazione di torba da destinarsi al settore orticolo. Per ciò che riguarda l'Italia, si possono invece citare delle occasionali estrazioni di torba palustre fortemente decomposta, che a differenza delle torbe Nord Europee ha origini geologiche diverse e caratteristiche chimico-fisiche nettamente distinte.
Compost da matrici organiche di varia natura possono essere reperiti facilmente sul territorio nazionale vicino ai grandi agglomerati urbani e/o industriali. Una materia prima interessante prodotta in Italia, frutto della lavorazione del riso parboiled, è la lolla di riso, che però è ancora poco utilizzata nella produzione di substrati.
Infine in Italia sono disponibili alcuni materiali di natura inorganica, di origine locale, quali le argille bentonitiche, le sabbie silicee e calcaree e alcune rocce vulcaniche identificabili come pomici, più leggere, e lapilli, più pesanti. A causa della loro elevata densità apparente, i quantitativi trasportabili sono minori e la maggiore incidenza dei costi di movimentazione aumenta il prezzo finale della materia prima rispetto a componenti di minore densità apparente come la torba.

Le materie prime ricevute alla rinfusa vengono raccolte in cumuli o in vasche di cemento armato oppure in trincee prefabbricate in rapporto alla quantità utilizzata giornalmente, alla loro qualità e tipologia. La torba confezionata in balloni pressati, solitamente da 4,5 a 6,0 metri cubi, viene prima stoccata nelle aree dedicate e poi aperta e utilizzata al momento. I balloni dovranno essere posizionati in andane ordinate, in modo da poter utilizzare sempre le partite più vecchie con il criterio first in-first out.
Per le materie prime alla rinfusa è fondamentale una razionale e attenta programmazione degli approvvigionamenti sulla base di dati statistici relativi ai consumi degli anni precedenti; in questo modo si potrà evitare lo stoccaggio di cumuli superiori ai 200-500 m3, per quelle materie prime utilizzate in basse percentuali e superiori a 600-1500 m3 per le torbe utilizzate con maggior frequenza.
Questi accorgimenti consentono di evitare gli indesiderati e potenzialmente dannosi fenomeni di fermentazione (riscaldamento) che si possono manifestare a carico di torbe di sfagno particolarmente giovani.
Per ciò che riguarda la torba estratta con il sistema del taglio in blocchi, che sostanzialmente conserva ancora intatte le caratteristiche originali dello stagno, si possono effettuare stoccaggi anche superiori ai 10.000 m3, evitando di innalzare cumuli più alti di 5-6 metri e, comunque, avendo l'accortezza di utilizzarle sempre con il criterio first in-first out.
Calibratura
La torba ricevuta in blocchi deve subire una ulteriore lavorazione, la cosiddetta calibratura. Questa operazione consiste in una prima rottura dei blocchi con molini particolari che sgretolano la torba senza sminuzzarla eccessivamente, creando così pezzi più o meno grossi, fibra e in parte particelle più fini. Il materiale così lavorato viene trasportato alla stazione di vagliatura, che consiste in una serie di vagli tipo stellare (starsieve) con varie dimensioni atte a separare le diverse frazioni di torba precedentemente lavorata. Un esempio di separazione granulometrica potrebbe essere il seguente:
0-5 mm, 5-10 mm, 10-20 mm, 20-30 mm, 30-40 mm
L'entità delle diverse frazioni ottenute è strettamente correlata all'umidità dei blocchi di torba, alla lunghezza dei vagli, alla diversa tipologia e velocità del vaglio.
Miscelazione dei componenti base
Gli impianti di miscelazione possono avere un diverso grado di automazione. Le dimensioni degli impianti variano in relazione al numero, alla quantità delle materie prime e alla velocità di produzione desiderata. Quest'ultima viene misurata in m3 di substrato prodotti in un'ora e può oscillare da 100 a 200.
Tali impianti devono garantire una corretta miscelazione delle varie componenti, in modo da dosare con precisione le quantità contenute nella ricetta e omogeneizzare le materie prime più voluminose (torbe, pomici, sabbie ecc.) con le sostanze correttive e i concimi.
Per raggiungere questo obiettivo sono necessari impianti di miscelazione studiati per dosare materiali con densità apparenti molto diverse. L'erogazione delle materie prime impiegate in grandi quantità come torbe, cocco, perlite, pomice ecc., viene solitamente calcolata in volume stereo (volume compresso all'uscita della tramoggia) oppure in volume UNI EN 12580 (espresso in m3); per i concimi e i correttivi si impiega invece il dosaggio gravimetrico per unità di volume della miscela, ovvero kg o g m-3.
Adottando il sistema EN per calcolare i volumi erogati risulterà più facile il controllo delle quantità entrate in rapporto a quelle uscite sotto forma di miscela finita, con una migliore rispondenza e conoscenza dei volumi confezionati e dei costi di produzione.
Per mantenere inalterata la struttura delle materie prime più pregiate si dovrà fare in modo di intervenire meccanicamente il meno possibile durante tutto il processo produttivo che porta i componenti dal piazzale di stoccaggio fino al reparto di confezionamento.
Sono pertanto da evitare i mulini a valle delle materie prime già calibrate e inoltre la velocità degli aspi all'uscita delle tramogge dovrà essere regolata in modo da non ridurre ulteriormente la pezzatura degli stessi materiali. Elemento indispensabile per dosare adeguatamente i concimi e i correttivi è la presenza della cassa metrica.
La cassa metrica o volumetrica è un contenitore che riceve una quantità importante della premiscela ottenuta da un primo grossolano rimescolamento delle materie prime frutto della vagliatura; la cassa è collocata a valle delle tramogge contenenti i prodotti voluminosi e prima dei dosatori di concimi.
L'uscita della premiscela dalla cassa determina un volume noto sul quale viene calcolata la quantità di sostanze correttive e di concimi da aggiungere con i dosatori gravimetrici. Ultima e fondamentale fase produttiva è l'omogeneizzazione finale del prodotto che avviene per mezzo dell'omogenizzatore.
Questa attrezzatura riceve il composto e lo rimescola fino ad ottenere un prodotto uniforme dal punto di vista fisico e chimico.
Lo schema seguente sintetizza meglio il processo produttivo:
tramogge dosatrici vaglio → cassa metrica → dosatori concime e correttivo del pH → omogeneizzatore → cassone raccolta prodotto finito → confezionatrice
Prima che il prodotto arrivi al reparto di confezionamento o prima che venga ceduto alla rinfusa si dovranno effettuare controlli analitici (pH e conducibilità elettrica) nonché la determinazione della quantità (volume commerciale secondo la norma UNI EN 12580).
Correzione del pH e concimazione
La correzione del pH è fondamentale per la buona riuscita della coltivazione. La richiesta di carbonato di calcio (CaCO3) è pressoché nulla nei substrati contenenti solo minerali o con percentuali minime di torba; media se già si utilizzano quantità importanti di torba acida; elevata se il substrato è costituito solo da torbe acide. Le differenze sono notevoli anche tra le stesse torbe, in quanto quelle molto umificate e scure richiedono maggiori quantità di CaCO3 rispetto a quelle più chiare e meno decomposte. Pertanto si rende necessaria una prova preliminare, in laboratorio, per determinare il fabbisogno in CaCO3, della miscela con dosi crescenti di correttivo fino a raggiungere il pH desiderato.
L'aggiunta di concime è vincolata dal tipo di fertilizzante utilizzato, dalla resistenza della pianta alla salinità e dalla destinazione del substrato. Pertanto, il dosaggio dei concimi idrosolubili dovrà tenere conto della fase fenologica della pianta da coltivare e della sua resistenza agli eccessi salini, mentre per i concimi a cessione programmata sarà condizionato sia dalla durata della coltivazione che dalle temperature stagionali.
Minori controindicazioni hanno invece i concimi organici come la cornunghia o gli stallatici pellettati, che possono essere dosati in quantità importanti, finanche 10 kg m-3, senza incorrere in problemi di eccessi salini.
I dosatori saranno dimensionati per contenere 200-300 kg di concime in rapporto anche alla capacità produttiva dell'impianto.
Confezionamento
Diverse sono le possibilità d'insacco dei prodotti; i formati più diffusi sul nostro mercato sono i sacchi da 5, 10, 20, 50, 70 litri (L); le balle da 150, 250, 300 L (queste ultime tuttavia solitamente non prodotte in Italia); i big-bags da 1 a 3,5 m3 e infine i big-bales da 3 a 6 m3. L'operazione di insacco è totalmente affidata a macchine automatiche o semi-automatiche, alimentate da un cassone di capacità variabile da 10 a 30 m3 circa.
Quest'ultimo a sua volta può essere riempito con una pala meccanica, che raccoglie il prodotto finito dalla vasca di raccolta oppure caricato direttamente con nastro trasportatore dall'impianto di miscelazione.
Nel primo caso si parlerà di alimentazione semiautomatica delle confezionatrici:
miscelazione → prodotto finito → vasca di raccolta → cassone alimentatore
nel secondo caso di alimentazione automatica:
miscelazione → prodotto finito → cassone → alimentatore
Prima di procedere all'insacco si effettua il calcolo preliminare della densità apparente del prodotto da confezionare, utilizzando sempre il metodo UNI EN 12580. In questo modo sarà sempre sotto controllo l'effettivo volume confezionato pesando a campione gli imballi ottenuti.
Il materiale più comunemente usato per gli imballi fino a 300 L è il polietilene (PE) coestruso, ovverosia nero internamente e bianco o colorato esternamente, oppure solo bianco o solo colorato. Il vantaggio del PE coestruso consiste in una migliore protezione del contenuto dalla luce; in questo modo si evitano fastidiose formazioni di muffe o alghe sulla superficie del substrato e, inoltre, per i sacchi colorati si ottiene una migliore resa cromatica particolarmente importante nei prodotti destinati ai garden center o ai supermercati.
I big-bales si avvolgono durante la fase di pressatura con film estensibile trasparente o bianco latte, con l'operazione di pressatura il volume di imballo sarà pressoché pari alla metà del volume dichiarato. Per esempio un big-bale dal volume dichiarato di 6 m3 alla fine del processo di insacco avrà un volume pressato di 3 m3, se la confezionatrice utilizzata lavorerà con un rapporto di compressione pari a 2:1.
Questo rapporto vale in modo particolare per i prodotti esclusivamente torbosi, mentre per quelli che contengono quantità più o meno importanti di minerali la possibilità di compressione diminuisce proporzionalmente al contenuto percentuale di questi ultimi.
Il big-bag è un tipo di imballo che in questi ultimi anni ha trovato consensi ovunque sul territorio nazionale per la sua versatilità e semplicità d'uso. Il big-bag ha il solo difetto, rispetto agli altri imballi, di essere antieconomico quando consegnato oltre una certa distanza dal sito di produzione perché occupa più spazio del big-bales e del sacco. Ad esempio un camion completo di sacchi da 70 L su bancali da 42 pezzi è in grado di trasportare 28-30 unità, oppure 22 big-bag da 3,5 m3, o ancora 24 big-bales da 6 m3, corrispondenti complessivamente, per ciascuna modalità di confezionamento, a 88, 77 e 144 m3.
Controllo qualità
La tracciabilità di tutte le produzioni offre una ulteriore garanzia della qualità dei prodotti in mano all'utilizzatore finale sia esso un professionista che un utente privato. La tracciabilità tutela sia l'azienda produttrice, nel caso di contestazioni infondate per risarcimento danni, come lo stesso utilizzatore, che ha uno strumento per la valutazione della qualità dichiarata.
Un valido sistema di controlli segue tutta la filiera della produzione, a iniziare dall'analisi delle materie prime in ingresso per ciò che riguarda pH, conducibilità elettrica (EC), umidità, aspetto visivo, cattivi odori, eventuale fitotossicità, quantità ricevuta. I test prima del confezionamento hanno lo scopo di controllare immediatamente il prodotto per i seguenti parametri: pH, EC, densità apparente. I controlli successivi al confezionamento possono essere di varia natura e hanno lo scopo di creare una banca dati da conservare e utilizzare eventualmente per rimodulare le miscele e perfezionarle. Se l'azienda non possiede un proprio laboratorio interno si potranno spedire le campionature dei diversi prodotti a laboratori specializzati per le analisi chimiche e fisiche sui substrati di coltivazione.
Durante il confezionamento, come già accennato, si verificheranno a campione sui sacchi o per ogni big-bag o big-bale la densità apparente e quindi il relativo volume insaccato.