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Fonte: periodico "Fertilizzanti"
Articolo a cura di Chiara Facca facca@unive.it e Bruno Pavoni brown@unive.it


Il limite di cadmio ammesso nei fertilizzanti è un argomento da sempre molto discusso. Cherchiamo di fare un po' di chiarezza.

Numerosi studi sono stati dedicati, negli ultimi decenni, alla valutazione degli effetti del cadmio (Cd) sugli organismi viventi e, specialmente, sull'uomo. Il dibattito è di particolare attualità a seguito dell'approvazione, nell'ottobre del 2017, da parte dei Parlamento Europeo di un Nuovo Regolamento in materia di utilizzo dei fertilizzanti. Alcuni autori (Leita & Ciavatta, 2017) si sono già espressi a proposito delle implicazioni legate alle contaminazioni da Cd, mentre, nel presente articolo, ci si propone di presentare una sintetica descrizione delle interazioni di questo metallo con il suolo e con le piante e di fornire alcuni dati sulla sua distribuzione.

 

Il processo di produzione dei fertilizzanti, caratterizzati da elevate concentrazioni di fosforo, comporta l'estrazione e la lavorazione di rocce fosfatiche che, naturalmente, possono contenere molti altri elementi, alcuni non necessari al processo di concimazione, ma tossici per piante e animali. Alcuni elementi in tracce, che si trovano in questi depositi, come lo zinco (Zn), sono essenziali a basse concentrazioni per le attività metaboliche ed enzimatiche degli esseri viventi (micronutrienti), ma possono essere dannosi a elevate concentrazioni. Altri elementi, invece, come il cadmio (Cd), non sono essenziali alla vita e producono solo effetti tossici.


La tossicità del cadmio, in particolare, è legata alla sua somiglianza chimica con lo Zn (Identico gruppo IIB dei metalli di transizione), per cui può essere "confuso" dagli organismi viventi che lo assorbono, introducendolo nei meccanismi metabolici ed enzimatici. Tuttavia, poiché il suo raggio ionico (Metallo 2+) è più grande (stesso gruppo, ma diverso periodo), non ha la stessa funzionalità enzimatica per un maggiore ingombro sterico e ha, invece, un effetto tossico.

 

Gli effetti del Cd sugli organismi viventi dipendono da molti fattori.

 

Per le piante sono stati notati effetti differenti a seconda della struttura morfologica di ciascuna specie, dei meccanismi di trasporto tra i vari organi della pianta e dei tempi di esposizione al contaminante.

 

Il Cd non è presente nei semi, ma tende a essere rapidamente assorbito e accumulato nei tessuti delle radici, anche quando viene assorbito dall'apparato fogliare. Infatti, il Cd non è veicolato solo dall'uso dei fertilizzanti (54-58%) ma anche dalle deposizioni atmosferiche, derivanti da emissioni industriali, riscaldamento domestico, traffico stradale ecc. (39-41%; Pan et al. 2010).

 

Tuttavia, il rilascio in atmosfera, che provoca una contaminazione diffusa, può essere controllato, come dimostrato dalla flessione osservata tra il 1991 e il 1997 in Finlandia, dove le emissioni di Cd sono passate da 6,3 a 1,1 tonnellate (Mukherjee et al., 1999). 



Anche la contaminazione dei suoli può dipendere da altri fattori, diversi dalle pratiche agricole, come la vicinanza a siti contaminati quali impianti industriali, discariche o attività estrattive minerarie. Questi ultimi casi sono, però, a carattere locale, e richiedono interventi mirati.

 

L'utilizzo intensivo di fertilizzanti, invece, può spostare la contaminazione su più ampia scala e i meccanismi di controllo e recupero del territorio diventano più complessi.

 

Per tale motivo è in discussione alla Commissione Europea la procedura 2016/0084 (COD), che si propone di modificare i regolamenti (EC) No 1107/2009 2006/0136(COD) e (EC) No 1069/2009 2008/0110(COD) in materia di utilizzo dei fertilizzanti organici, con una progressiva riduzione del contenuto di cadmio a 60 mg kg-1, poi a 40 mg Cd kg-1 in 6 anni e a 20 mg Cd kg-1 dopo 10 anni.

 

La preoccupazione è particolarmente legata al trasferimento del Cd nell'alimentazione umana o in quella destinata alla zootecnia. Questo elemento tende, infatti, ad accumularsi e ad avere effetti tossici nel lungo periodo.

 

Per l'uomo sono stati riscontrati disfunzioni renali, perdita della capacità respiratoria, ipertensione (Lauwerys et al., 1979), problemi alle ossa (osteoporosi), effetti cancerogeni (polmoni e prostata), mentre è stato anche segnalato come teratogeno ambientale, in grado cioè di produrre anomalie nello sviluppo del feto (Rani et al., 2014).


Gli ortaggi che, per le loro caratteristiche e il loro ampio consumo, sono considerati il principale veicolo per l'accumulo di Cd nell'uomo, sono quelli a foglia (es. spinaci) e quelli a radice (es. rape, carote e patate). Nella tabella riportata di seguito sono espressi alcuni valori di Cd in piante a uso alimentare.


Concentrazioni di cadmio in parti di piante di uso alimentare (kabata-Pendias & Pendias, 2001)
Pianta Tessuto Peso fresco
(FW), ppm
Peso secco
(DW), ppm
Mais dolce Grani 0,007 - 0,012 0,06 - 0,1
Cereali Grani 0,013 - 0,22  
Fagiolo Baccelli 0,020 - 0,024 0,29
Legumi Baccelli 0,08 - 0,028  
Cavolo Foglie 0,02 - 0,05 0,05
Lattuga Foglie 0,11 - 0,42 0,12 - 0,66
Carote Radici 0,03 - 0,15 0,07 - 0,35
Cipolle Bulbi 0,01 - 0,05 0,08
Patate Tuberi 0,001 - 0,09 0,03 - 0,18
Pomodoro Frutti 0,02 - 0,11 0,03 - 0,23
Mela Frutti 0,003 - 0,03 0,05
Arancio Frutti 0,002 - 0,005  


Tra i prodotti alimentari sopra indicati, le carote sono, probabilmente, tra quelli coltivati con il più abbondante utilizzo di fertilizzanti fosfatici. Per questo sono state trovate concentrazioni di Cd nelle carote per la grande distribuzione con valori medi di 0,23 ppm FW in Svezia e nelle regioni industrializzate della Romania e di 0,20 ppm FW nelle regioni industrializzate della Polonia (Kabata-Pendias & Pendias, 2001).

 

Negli spinaci, gli effetti della contaminazione da Cd si manifestano sulle piante più vecchie con una significativa riduzione della crescita e la decolorazione della foglia dovute alla minor produzione di clorofilla (clorosi). Cd agisce sull'attività fotosintetica, inibendola e gli effetti sono visibili sulle foglie basali in 15 giorni e su quelle apicali in circa 40-42 giorni (Fagioni & Zolla, 2009). Il Cd libero si sostituisce ad altri cationi nell'interazione con le proteine, producendo specie reattive dell'ossigeno (ROS), che accelerano il processo di senescenza della pianta.

 

In generale, è stato osservato che le foglie di piante trattate con Cd, a pari età, sono circa il 60% più piccole dì quelle non contaminate.

 

Data l'importanza e il ruolo di questo elemento per la salute umana, da molti anni è stata attentamente studiata la composizione delle rocce in funzione della loro origine geografica, il rapporto dei metalli pesanti con il suolo, il loro assorbimento nelle piante e il trasferimento all'uomo. Le concentrazioni di cd nelle rocce sedimentarie e magmatiche non supera i 0,3 ppm, ma sembra più abbondante nei depositi argillosi e negli scisti.


Globalmente, quindi, le concentrazioni naturali di Cd sono estremamente variabili e si è osservato che i livelli sono maggiori nelle formazioni dell'Africa settentrionale, mentre sono molto più bassi nelle miniere di fosfato russo. Con i sistemi di lavorazione finora utilizzati è stato calcolato che il 60-80% del Cd presente naturalmente nei materiali estratti rimane nel prodotto finale destinato alla fertilizzazione, in cui il contenuto di Cd può variare da 3 a 110 mg Cd kg-1 di fosfato, riportato come P2O5. L'applicazione di una dose media di 50 kg di P2O5 per ettaro all'anno contribuisce al terreno da 0,15 a 5,5 g di Cd per ettaro per anno.


Una valutazione del rischio realmente associato alla contaminazione da Cd (come di tutti i contaminanti una volta introdotti in ambiente) è molto complicata e, a livello globale, non possono essere definiti dei limiti soglia univoci perché intervengono molti fattori che determinano la biodisponibilità dell'elemento determinata dalla forma chimica in cui lo stesso viene assorbito dagli organismi viventi. È stato, tuttavia, individuato il valore 0,53 ppm di Cd come una concentrazione media, sopra la quale si può definire un suolo superficiale contaminato dall'attività dell'uomo. Nelle aree agricole più produttive sono state registrate concentrazioni fino a 2 ppm e 4,3 ppm dell'elemento.

 

Una volta introdotto in ambiente (o presente per origini naturali) il Cd può formare molti ioni complessi (per esempio con il cloro - Cl- - o con il gruppo ossidrile - OH-) e alcuni chelati organici, ma la forma in cui è più abbondante in natura è lo ione Cd2+, la cui mobilità dipende dai valori di pH e dal potenziale di ossidoriduzione. In condizioni ossidanti, si formano minerali come il carbonato di cadmio (CdCO3) o la monteponite (CdO).

 

Il pH è il fattore che controlla maggiormente la solubilità del Cd, che può, tuttavia, variare in funzione della quantità di materia organica (e quindi di leganti organici) e, in minor misura, della tessitura del suolo. Il contenuto di Cd nel suolo dipende dalla composizione delle rocce presenti e, a livello globale, varia da 0,06 a 1,1 ppm, con valori più alti negli istosuoli (suoli ricchi di materia organica) e più bassi nel podzol (suoli acidi).


Suoli leggermente sabbiosi sono meno ricchi in Cd dei suoli leggermente fangosi e di quelli molto argillosi, ma queste differenze contribuiscono solo per il 10% della variabilità della concentrazione di Cd. Gli ossidi di Cd sono poco abbondanti nei suoli a pH<5,5, mentre esiste una forte correlazione tra il contenuto di Cd e quello di Fe e Mn (Kabata-Pendias & Pendias, 2001). In generale, nei suoli acidi la materia organica controlla la solubilità del Cd, che risulta particolarmente mobile per valori di pH tra 4,5 e 5,5 mentre in quelli alcalini è piuttosto insolubile, soprattutto sopra pH>7,5.

 

L'adsorbimento di Cd nel suolo è un processo molto rapido che è stato stimato avvenire per il 95% in circa 10 minuti per pH vicino a 6. L'aumento dell'alcalinità determina una maggior competizione con gli ioni Ca2+ e Mg2+.


È stato osservato che l'assorbimento di Cd da parte delle piante di riso è maggiore nell'intervallo di pH tra 4,5 e 5,5; tuttavia, i meccanismi che regolano l'assorbimento sono di difficile previsione, perché dipendono da numerosi fattori, anche indipendenti dal pH. Sicuramente, quando il Cd è in soluzione, viene facilmente assorbito dalle piante, ma anche in suoli alcalini la formazione di complessi o chelati di metallo o la riduzione da solfati a solfiti, può modificare il grado di assorbimento del Cd.

 

Data l'elevata variabilità dei fattori che influenzano la distribuzione del Cd e l'incertezza sulla sua biodisponibilità, uno studio svolto in 30 paesi su grano e mais ha dimostrato il ruolo nell'uso dei fertilizzanti fosfatici nella contaminazione del suolo e delle giovani piante. La quantità di argilla è stata la caratteristica del suolo più discriminate tra 6 parametri presi in conside-razione e qualche ruolo sulla fitodisponibilità lo hanno avuto anche il pH e la presenza di carbonati.

 

La concentrazione è generalmente variata tra 0,03 e 0,1 ppm. L'utilizzo dei fertilizzanti fosfatici avvenuto 3 anni prima del campionamento ha mostrato che un tasso di fertilizzazione a 10 kg P ha-1 ha determinato una concentrazione di cadmio nelle piante di 0,06 ppm, mentre 50 kg P ha-1 hanno comportato una concentrazione di 0,1 ppm (Sillanpää & Jansson, 1992).

 

In Italia, le concentrazioni di Cd nel suolo variano da 0,05 a 3 ppm con valori maggiori negli strati superficiali e nelle aree a maggior sviluppo agricolo (Pan et al., 2010).



Sebbene la correlazione tra azione cancerogena e contaminazione da Cd non sia sufficientemente dimostrata per l'esposizione a basse concentrazioni, è indubbia la sua tossicità che può svilupparsi sul lungo termine e in combinazione con altri fattori. Per queste criticità l'Unione Europea ha già mostrato un orientamento abbastanza chiaro promuovendo l'utilizzo di concimi organici fosfatici e imponendo limiti piuttosto restrittivi per l'uso dei concimi in generale.

 

Questo orientamento è volto principalmente a salvaguardare la salute umana nel lungo periodo e a ridurre una significativa fonte di contaminazione ambientale. Il dibattito resta, ora, legato a problematiche di tipo commerciale ed economico sia dal punto di vista dei produttori che degli utilizzatori di concimi.

 

Per i produttori, perché il mercato si sposterà dai fertilizzanti di origine minerale (produzione mineraria, più attiva in alcuni Stati Membri) verso i concimi organici e per i consumatori che dovranno fronteggiare una diversa offerta economica in termini di prezzi di mercato.

Contaminazione da cadmio nei fertilizzanti

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