Fonte: Periodico "Fertilizzanti"
Articolo a cura di Elisabetta Peruzzi peruzzi@arvan.it
«Strumenti per la risoluzione dell'emergenza fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici». Convegno finale progetto BIOFOSF, 8.1018, SANA, Bologna.
La qualità e la sicurezza alimentare sono un punto cardine nella produzione biologica. Recentemente, la rilevazione di residui di acido fosforoso in alcuni prodotti biologici sta diventando un problema rilevante per il mercato dell'UE, essendo l'etil-fosfonato e il fosfito non consentiti entro il Reg. CE 889/2009. Tali casi di positività al fosfito sono stati inizialmente ricondotti a residui del prodotto fitosanitario Fosetyl-Al (sostanza attiva ai sensi del Reg. CE 1107/2009, ammesso in agricoltura convenzionale).
Secondo il Regolamento CE 991/2014, relativo alla "modifica dell'allegato III del Regolamento (CE) n. 396/2005 per quanto riguarda i livelli massimi di residui di fosetil in o su determinati prodotti", si definisce residuo ai fini del monitoraggio applicabile al Fosetyl "il composto progenitore fosetil, il prodotto di degradazione acido fosforoso e i loro sali. I sali dell'acido fosforoso sono denominati fosfonati".
Per chiarire la terminologia usata nel testo, il Fosetyl-Al si degrada a etil-fosfonato che a sua volta dà origine a fosfito (o fosfonato) di potassio. Il fosfito di potassio rientra tra le sostanze attive (Regg. CE 369/2013 e 832/2013) ammesse in convenzionale.
Per comprendere l'origine di questi casi di positività e ipotizzare una possibile modifica del Regolamento Tecnico ACCREDIA RT-16, che attualmente interpreta la sola rilevazione di acido fosfonico (in assenza di acido etil-fosfonico) come un «falso positivo»1, nel 2016 l'Ufficio PQAI 1 del Mipaaft ha finanziato il progetto biennale BIOFOSF "Strumenti per la risolutzione dell'emergenza "fosfiti" nei prodotti ortofrutticoli biologici.
1) ACCREDIA RT-16 Prescrizioni per l'accreditamento degli Organismi che rilasciano dichiarazioni di conformità di processi e prodotti agricoli e derrate alimentari biologici ai sensi del Regolamento CE n. 834/2007 e sue successive integrazioni e modifiche: "un altro problema di "falso positivo" che può presentarsi su diverse matrici si riscontra nella determinazione del fosetil alluminio. Tale analisi viene condotta ricercando sia acido etil-fosfonico che acido fosforoso. La presenza di quest'ultimo acido può derivare, oltre che da trattamenti con fosetil alluminio anche dall'impiego di trattamenti fogliari a base di fosforo, pertanto per attribuire la positività a residui di Fosetil alluminio, è necessario che risultino presenti sia acido etilfosfonico che acido fosforoso". |
Il progetto, coordinato dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), ha coinvolto Federbio, diversi produttori biologici (BRIO, Apofruit, BioTropic) e Assofertilizzanti.
L'obiettivo del progetto è stato verificare le cause di positività all'acido fosforoso e per farlo sono stati analizzati diversi scenari:
- uso illecito di prodotti per la difesa fitosanitaria (PPP) a base di fosfiti/Fosetyl-alluminio, non consentiti in biologico;
- addizione non dichiarata di fosfiti o Fosetyl-alluminio ai mezzi tecnici consentiti in agricoltura biologica;
- naturale presenza di fosfiti in concimi organici, ammendanti e biostimolanti consentiti in agricoltura biologica;
- presenza di minime quantità di fosfito potenzialmente legata a processi metabolici spontanei entro la coltura.
Un'ipotesi presa in considerazione è stata quella di un possibile fenomeno di cross-contamination, termine con il quale si intende la contaminazione di un materiale o di un prodotto con un altro materiale o prodotto. Tale frammischiamento, pur se di difficile controllo, rimane un punto critico in sede di valutazione dell'ammissibilità di un prodotto in agricoltura biologica.
Per valutare le potenziali fonti di residuali di acido fosforoso, sono state realizzate prove sperimentali di campo su colture ortofrutticole biologiche come patata (CREA - Colture Industriali) e uva da tavola (CREA - OFA), pomodoro. Inoltre sono state svolte delle prove in colture arboree (pere e kiwi), anche grazie alla partecipazione di associazioni e produttori di settore. Sono stati applicati concimi organici, inorganici e fitosanitari ammessi in biologico, valutando poi il contenuto residuo di acido fosforoso/etil-fosfonico nel prodotto commerciabile e nei tessuti vegetali. Tali sistemi a gestione biologica sono stati quindi confrontati con altri convenzionalmente gestiti, in cui sono stati applicati sali di etil-fosfonato o di fosfito.
Il progetto ha previsto inoltre uno studio della cinetica di degradazione dei prodotti a base di Fosetyl e il loro potenziale effetto residuo a lungo termine su colture arboree, e uno screening dei mezzi tecnici (fertilizzanti e PPP) ammessi in biologico, per verificare l'assenza di acido fosforoso/etil-fosfonico. I risultati delle prove sperimentali hanno confermato che non erano presenti fosfiti se non diretta-mente applicati: la presenza di acido fosfonico nei tessuti vegetali, senza rilevamento di acido etil-fosfonico, si è ipotizzato essere dovuta alla presenza di fosfiti in alcuni tipi di fertilizzanti organici consentiti in agricoltura biologica.
D'altra parte la rilevazione dell'acido fosforoso è stata messa in relazione con una significativa presenza di fosfito o di Fosetyl in alcune formulazioni commerciali di rame (prodotti a base di ossicloruro di rame, poltiglia bordolese) consentite nell'agricoltura biologica, contaminazione che peraltro sembra perdurare anche per diversi anni dopo l'applicazione in colture arboree (evidenza dalla prova sperimentale su pero).
Anche in casi di apporti inconsapevoli di fosfito o etil-fosfonico si sono verificate residualità di fosfito in colture arboree, dimostrando questo tipo di colture quelle maggiormente sensibili al fenomeno. Da un punto di vista fisiologico ciò si spiega come un potenziale effetto di accumulo o stoccaggio di acido fosforoso entro gli organi legnosi di piante arboree in rami di maggiore età (3 anni) ed eventuale traslocazione ai rami più giovani e produttivi (rami di 1 anno di età). Ciò comporta un effetto a lungo termine sulle specie frutticole e di conseguenza una contaminazione residuale a lungo termine.
Sono stati analizzati diversi fertilizzanti, sia minerali che organici, e alcuni di queste hanno mostrato contaminazione da fosfiti (si riporta la tipologia alla quale appartengono, non il nome commerciale):
- Concimi fosfatici: fosforo attivo + micro/mesoelementi;
- Boro etanolammina;
- Urea fosfato;
- Concimi a base di alghe (biostimolanti ed estratti di alghe);
- Idrolizzato proteico;
- Melasso di canna;
- Pollina essicata.
I risultati delle prove condotte ha portato, riassumendo, ad alcuni significativi risultati:
- il fosfito non viene prodotto spontaneamente dalla pianta, ma deriva da apporti esterni oppure da traslocazione interna;
- la rilevazione di solo acido fosforoso, in assenza di acido etil-fosfonico, non può essere considerato un "falso positivo";
- la positività al solo acido fosforoso (> 0,01 mg/ kg) deve essere quindi interpretata come uso improprio di mezzi tecnici non ammessi in biologico oppure come uso di mezzi tecnici ammessi in biologico, ma irregolari per la presenza non dichiarata, o da contaminazione accidentale, di acido fosforoso e/o acido etil-fosfonico.
Le strategie correttive proposte dal Mipaaft per proteggere sia i coltivatori biologici che i consumatori sono state le seguenti:
- l'aumento dei controlli sui concimi organici e PPP ammessi in biologico e attualmente in commercio, con il supporto degli Organismi di controllo ufficiali italiani;
- la revisione dell'Allegato 13 alla normativa italiana sui concimi (D.Lgs. 75/2010); in particolare è stato proposto l'inserimento della frase:
"Non è consentita l'addizione di fosfonati o Fosetyl-derivati ai fertilizzanti del presente allegato. Detti fertilizzanti non debbono quindi contenere acido fosfonico e/o acido etil-fosfonico oltre i limiti di ammissibilità sotto elencati:
a) Acido fosfonico 3,0 mg/kg (fertilizzanti solidi)
b) Acido fosfonico 0,1 mg/kg (fertilizzanti liquidi)
c) Acido etil-fosfonico 0,1 mg/kg (fertilizzanti solidi e liquidi)" - una modifica dell'attuale interpretazione dell' RT-16 (Direttive per l'accreditamento di Organismi che rilasciano dichiarazioni di conformità di prodotti biologici e alimenti in conformità ai Regolamenti CE 834/2007 e successive integrazioni e modifiche), che attribuisce a un "falso positivo" la rilevazione del solo acido fosforoso, in assenza di acido etil-fosfonico.
Attualmente il RT-16 prevede che per i prodotti ottenuti con il metodo dell'agricoltura biologica la rilevazione di acido fosforoso non sia maggiore di 0,01 mg/kg: in assenza di acido etil-fosfonico la merce non è contestabile e quindi l'operatore non sanzionabile ("falso positivo").
La proposta di modifica dell'interpretazione dell'RT-16, è supportata dall'evidenza che la presenza di acido fosforoso è dovuta prevalentemente a sostanze non dichiarate nei mezzi di produzione autorizzati in biologico.
Al Convegno finale del progetto BIOFOSF, tenutosi al SANA di Bologna il giorno 8 settembre 2018, sono intervenuti: Alessandra Trinchera (Coordinamento - CREA), Giacomo Mocciaro (PQA I - Mipaaf), Giancarlo Roccuzzo, Bruno Parisi, Francesco Riva, Filippo Ferlito (CREA), Paolo Carnemolla e Daniele Fichera (Federbio), Carlo Bazzocchi (ATBio), Ivano Soave (BRIO), Mauro Finotti (BioTropic), Marco Brigliadori (ApoFruit), Manuel lsceri (Assofertilizzanti).
Fonte: Periodico "Fertilizzanti"
Articolo a cura di Elisabetta Peruzzi peruzzi@arvan.it