Introduzione
Il suolo costituisce lo strato superficiale della crosta terrestre, ovvero la porzione del pianeta Terra che interagisce con l’atmosfera, l’idrosfera e la biosfera.
Il suolo nasce dall’alterazione chimica, fisica e biologica di un substrato roccioso, chiamato roccia madre, dal quale deriva una miscela di minerali, materiale organico ed acqua.
Il suolo è capace di sostenere la vita delle piante, ma al suo interno si possono trovare anche batteri, funghi e animali.
Suddivisione
Il suolo si suddivide verticalmente in strati, detti orizzonti pedologici:
- orizzonte O: strato più superficiale, caratterizzato da sostanza organica non decomposta
- orizzonte A: strato composto da frazione minerale e frazione organica. L’acqua vi percola, trasferendo minerali verso il basso. Presenta elevata attività biologica e abbondanti radici
- orizzonte B: strato arricchito da materiali provenienti dall’orizzonte A (argilla, ossidi di ferro e alluminio, humus)
- orizzonte C: strato composto da materiale di alterazione della roccia madre; in esso arrivano le radici degli alberi.
- Orizzonte R: roccia madre non disgregata
Analisi fisico-chimica del suolo
Perché si esegue l’analisi fisico-chimica del suolo?
Le analisi del terreno vengono richieste ai fini della stesura del piano di fertilizzazione, poiché permettono di misurare i principali parametri della fertilità. Pertanto è necessario che il risultato delle analisi del suolo divenga disponibile prima della stesura del piano di fertilizzazione.
Quando si esegue l’analisi fisico-chimica del suolo?
È opportuno eseguire l’analisi fisico-chimica del suolo in un momento sufficientemente lontano dagli interventi di lavorazione e di fertilizzazione; per le colture erbacee, l’epoca ottimale coincide con i giorni successivi alla raccolta, oppure almeno due mesi dopo l’ultimo apporto di concime. Il terreno non deve essere né troppo secco né troppo umido.
Dove si esegue l’analisi fisico-chimica del suolo?
Il primo requisito di un campione di terreno è senz’altro la sua omogeneità dal punto di vista pedologico e agronomico. È necessario pertanto individuare correttamente l’unità di campionamento, che deve essere l'Unità di Paesaggio Aziendale (UPA), o Area Omogenea, ossia quella parte della superficie aziendale per la quale si ritiene che i terreni abbiano caratteristiche chimico-fisiche simili in termini di elementi ambientali (tessitura, morfologia, colore, struttura) e pratiche colturali (irrigazione, lavorazioni profonde, fertilizzazioni ricevute e avvicendamenti). Per ciascuna UPA individuata deve essere effettuato almeno un campionamento.
Come si preleva il campione da analizzare?
Al fine di ottenere un campione rappresentativo, nel caso delle colture erbacee il prelievo deve essere eseguito come segue:
- Innanzitutto, il carotaggio, ossia il prelievo di cilindri di suolo, deve essere eseguito in almeno 15 punti per ettaro, seguendo un andamento a croce o a zig-zag ed escludendo le zone anomale (affossamenti, zone in vicinanza dei fossi, ecc…).
- Nei punti segnati si devono allontanare con una vanga i primi 5 cm, al fine di eliminare la cotica erbosa e gli eventuali detriti superficiali presenti. Dopodiché si effettua il prelievo fino ad una profondità di 30 cm; potremo aiutarci con un tubo abbastanza resistente da essere inserito nel terreno per altri 5 cm; estraendolo esso tratterrà al suo interno la quantità necessaria.
- Il terreno raccolto deve essere svuotato in un sacchetto pulito, e le precedenti operazioni devono essere ripetute in tutti gli altri punti prescelti. Man mano che vengono raccolte, le carote di terreno devono essere accuratamente mescolate nello stesso sacchetto.
- Dopo aver rimosso ed allontanato pietre e materie organiche grossolane (radici, stoppie e residui colturali in genere), si prende dal miscuglio circa 1 kg di terra da portare al laboratorio di analisi.
Nei casi di terreni investiti a colture arboree o destinati allo scasso per l’impianto di tali colture, si consiglia di prelevare separatamente il campione di “soprassuolo” (topsoil) e quello di “sottosuolo” (subsoil).
Il soprassuolo si preleva secondo le norme già descritte per le colture erbacee (cioè fino a 30 cm), mentre il sottosuolo si preleva scendendo fino a 60 cm di profondità. Se il campione viene effettuato con coltura arborea in atto, è possibile preparare un unico campione tra 0 e 50 cm.
I campioni di terreno prelevati devono essere:
- posti in sacchetti impermeabili mai usati;
- muniti di etichetta di identificazione posta all’esterno dell’involucro,
- (in caso di colture arboree) muniti di indicazione se trattasi di campioni da 0 a 30 cm o da 30 a 60 cm di profondità (i due campioni vanno posti in due sacchetti separati).
Varianti alle analisi standard
Se per i terreni in oggetto sono disponibili carte pedologiche o di fertilità, i parametri analitici da valutare si possono sostituire o ridurre in parte.
Per determinate colture, in particolare per le colture arboree, l’analisi fogliare o altre tecniche equivalenti (come ad esempio l’uso dello “SPAD” per stimare il contenuto di clorofilla) possono essere strumenti complementari. Tali tecniche sono utili per stabilire lo stato nutrizionale della pianta e per evidenziare eventuali carenze o squilibri di elementi minerali.
Le analisi fogliari precoci, che si fanno quando i germogli riducono la loro attività vegetativa, consentono d'accertare per tempo l'effettiva situazione nutritiva della pianta. Squilibri nutrizionali si possono riequilibrare in breve tempo mediante adeguate concimazioni fogliari, mentre a lungo termine con la concimazione del terreno sarà regolata l'alimentazione dell'impianto.
Con quale periodicità vanno eseguite le analisi?
In generale, le analisi conservano la loro validità per un periodo massimo di 5 anni, scaduto il quale occorre procedere, per la formulazione del piano di fertilizzazione, a nuove determinazioni.
Basandosi su questo principio, quando si aderisce ai disciplinari di produzione integrata, è ammesso per le colture erbacee l’uso di analisi eseguite in un periodo antecedente, purché non superiore a 5 anni.
Per le colture arboree occorre effettuare le analisi prima dell’impianto o, nel caso di impianti già in essere, all’inizio del periodo di adesione alla produzione integrata. In entrambi i casi (analisi in pre impianto o con impianto in essere), e analogamente a quanto indicato per le colture erbacee, è possibile utilizzare analisi eseguite in un periodo precedente, purché non superiore ai 5 anni. Successivamente a tale prima verifica, i risultati analitici possono conservare la loro validità per l’intera durata dell’impianto arboreo.
Dopo cinque anni dalla data delle analisi del terreno, occorre ripetere solo quelle determinazioni analitiche che si modificano in modo apprezzabile nel tempo (sostanza organica, azoto totale, potassio scambiabile e fosforo assimilabile), mentre per quelle proprietà del terreno che non si modificano sostanzialmente (tessitura, pH, calcare attivo e totale, CSC) non sono richieste nuove determinazioni. Qualora vengano posti in atto interventi di correzione del pH, quest’ultimo valore andrà nuovamente determinato.