IL CAMBIAMENTO CLIMATICO: LA SUA DEFINIZIONE E LA SUA ATTRIBUZIONE
Secondo l’UNFCCC (Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite), il cambiamento climatico si definisce come "un cambiamento del clima che sia attribuibile direttamente o indirettamente ad attività umane, che alterino la composizione dell’atmosfera planetaria e che si sommino alla naturale variabilità climatica osservata su intervalli di tempo analoghi". Il cambiamento climatico così definito deve essere misurabile, in prima analisi, attraverso variazioni sistematiche nelle grandezze statistiche delle variabili meteorologiche, che siano calcolate in un intervallo di tempo di diversi decenni e di norma almeno trentennale.
È opportuno sottolineare come questa definizione contenga due concetti fondamentali: il primo è quello della naturale variabilità climatica, legata ai complessi processi naturali esterni (cicli del sole e dell’orbita terrestre) e interni al pianeta, connessi cioè alle interazioni tra le unità geofisiche dell’atmosfera, dell’idrosfera (le acque liquide del pianeta), della criosfera (i ghiacci terrestri), della terra solida e della biosfera; il secondo è quello dell’alterazione di tale complessa variabilità naturale attribuibile alle attività umane, ossia all’intervento della cosiddetta antroposfera.
Il clima terrestre è infatti determinato dal bilancio radiativo del pianeta (quantità di energia entrante e uscente dal sistema Terra) e da interscambi di materia in massima parte interni al sistema Terra: la Terra è dunque un sistema aperto per
quanto concerne l’energia, e può considerarsi in buona approssimazione un sistema chiuso per quanto riguarda la materia; una buona misura dell’energia del sistema è rappresentata dalla temperatura, e una buona descrizione della materia scambiata nel sistema terrestre è costituita dal ciclo dell’acqua: per questo, ogni classificazione climatica, e ogni valutazione della variabilità e del cambiamento del clima, è basata in prima istanza sulle temperature e sulle precipitazioni.
La mole di dati a conferma sia del cambiamento climatico, sia della sua attribuzione, è notevolissima, e si calcola che il 97% dei professionisti impegnati nella ricerca climatica concordi sull’attribuzione antropica.
Le temperature terrestri sono cambiate sulle terre emerse, sugli oceani, in troposfera e nella bassa stratosfera, invariabilmente nella direzione di un riscaldamento globale che è senza precedenti per la sua entità e velocità. Questo riscaldamento è direttamente correlabile all’immissione in atmosfera di gas clima alteranti quali, in ordine d’importanza, l’anidride carbonica, il metano e gli ossidi di azoto, ossia gas serra in grado di rafforzare la capacità dell’atmosfera terrestre di catturare radiazione ad onda lunga proveniente dal suolo, e il cui incremento in termini di concentrazione in atmosfera è indiscutibile e indiscutibilmente antropogenico.
Nella regione alpina le temperature medie, nei due secoli e mezzo delle serie storiche di variabili meteorologiche, sono aumentate di 1.0 ± 0.1 °C al secolo, secondo una tendenza paragonabile a quella dell’intero emisfero settentrionale e leggermente maggiore della tendenza globale, con un ulteriore incremento e velocizzazione nell’ultimo trentennio.
Coerentemente, sono aumentate anche le temperature minime e massime e l’umidità relativa. Le precipitazioni si sono ridistribuite su tutto il pianeta portando, ad esempio nella regione alpina, una diminuzione del numero di giorni di precipitazione ed un aumento dell’intensità delle piogge, specialmente in autunno e in inverno.
Altre grandezze, quali ad esempio il pH degli oceani, rispondono coerentemente all’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, mostrando una chiara tendenza all’acidificazione legata alla maggiore quantità di CO2 disponibile.
I dati sono facilmente rintracciabili nella letteratura scientifica internazionale e sono frutto di analisi statistiche rigorose ed accurate, e non di modelli matematici più o meno performanti.
Ci si può domandare: "Ma il clima è sempre cambiato, no? Nel Giurassico l’Italia era un arcipelago tropicale! E c’è stato il Periodo Caldo Medievale, certamente non correlato ad attività industriali… e comunque, di fronte a fenomeni quali i cicli solari e le eruzioni vulcaniche, cosa vuoi che facciano le attività umane? ".
La Terra ha 4.6 miliardi di anni, e processi di tipo astronomico e geologico, su scale di tempi di almeno qualche centinaio di migliaia di anni, hanno determinato condizioni iniziali diversissime per il clima terrestre: senza scomodare i primi due miliardi di anni della storia terrestre, in cui il nostro pianeta era un corpo completamente alieno dal punto di vista geofisico e atmosferico, i cicli orbitali, ed in particolare il ciclo di Milanković, hanno in effetti determinato periodi caldi e periodi freddi, che vanno sotto il nome di periodi interglaciali e glaciali, secondo epoche ricorrenti ogni 400.000 anni almeno. Altrettanto fondamentali sono i processi geologici, che rendono assurdo paragonare un’era molto calda come il Mesozoico con il presente: la configurazione continentale, con la presenza di un’unica massa continentale che comincerà a fratturarsi nel Giurassico, e di un unico superoceano, giustificavano condizioni radiative, di circolazione atmosferica e di circolazione oceanica assolutamente non paragonabili a quelle attuali. Né l’orbita della Terra e la distanza della Luna erano analoghe a quelle attuali, e ciò rende di fatto impossibile ogni diretta correlazione sensata.
Il cambiamento attuale non è avvenuto in una scala temporale di milioni di anni, né di centinaia di migliaia, né di migliaia di anni, come i processi orbitali o geologici: è secolare se non decennale, ossia né geologico né astronomico, ma perfettamente riconducibile a processi puramente chimico-radiativi.
I cicli solari, inoltre, hanno comportato variazioni nella costante solare, che si misura in W/m2 e rende ragione della quantità di energia che raggiunge il nostro pianeta: un incremento nell’attività che non si riscontra attualmente, pur nell’aumento generalizzato e globale delle temperature. Il Sole attraversa, al contrario, un periodo di diminuzione della sua attività, con un picco negativo nel 2009 che avrebbe dovuto portare a una diminuzione delle temperature, mentre il riscaldamento globale non ha accennato a fermarsi né tantomeno a invertire la tendenza.
In più, nessuno degli altri corpi del Sistema Solare, da Marte, ai satelliti di Giove, a Titano, mostra un incremento di temperatura, il che rende irragionevole propendere per un’origine solare dell’attuale riscaldamento globale. Il Periodo Caldo Medievale, inoltre, lo fu soltanto per i continenti affacciati sull’Atlantico Settentrionale, e non ha quindi il carattere globale del riscaldamento attuale né, stando ai dati di prossimità (carote glaciali, anelli di crescita degli alberi, gusci dei bivalvi), le temperature dell’epoca, pur più calde del trentennio 1961-1990, furono più alte di quelle attuali.
Il clima è sempre cambiato, ed è indiscutibile: di fatto, il clima è la cassa di risonanza di tutti i cambiamenti che avvengono sul nostro pianeta, siano essi di origine esterna o interna, e risponde coerentemente alle forzanti maggiori. E la forzante maggiore, dalla Rivoluzione Industriale ad oggi, è la specie umana.