PRINCIPI DI LOTTA CONTRO LE MALATTIE DELLE PIANTE
CONSIDERAZIONI GENERALI
La protezione delle piante dalle malattie deve essere sempre armonizzata al contesto agronomico generale, rivolto alla produttività e al risultato economico della coltura entro i limiti richiesti dal rispetto dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali. L'applicazione di misura di lotta comporta l’aumento dei costi di produzione e va quindi ragionevolmente decisa solo quando la dannosità della malattia abbia rilevanza economica ed altri fattori non abbiano già compromesso la produttività della coltura.
Le restrizioni sempre più pressanti delle tecniche di lotta contro le malattie sono posti dalla necessità di evitare che i mezzi impiegati provochino guasti all'ambiente ed alla salute umana. Non solo ogni misura di lotta non deve di per sé provocare danni alla pianta, ma non deve nemmeno favorire l'avvento e la gravità di altre avversità. È noto ad esempio che alcuni fungicidi organici di sintesi (ftalimmidi e ditiocarbammati) stimolano la moltiplicazione di acari e di altri insetti attraverso modificazioni aminoacidiche delle piante, fenomeno questo chiamato trofobiosi. Alchilenditiocarbammati molto attivi nella lotta a peronospore aumentano però la predisposizione alla muffa grigia o mal bianchi; i benzimidazolici favoriscono lo sviluppo di parassiti fungini ad essi non sensibili (Phythiaceae e Alternaria) perché limitano i loro antagonisti presenti come epifiti o nel terreno; alcuni diserbanti chimici favoriscono lo sviluppo di patogeni. Da qui la necessità di riunire in un unico trattamento le conoscenze di fitopatologi, entomologi e agronomi.
Lo scopo della lotta contro le malattie si può riassumere nei seguenti punti:
- Prevenzione o profilassi
- Terapia
- Resistenza
PREVENZIONE E PROFILASSI
Si può ottenere impedendo il contatto ospite-parassita (esclusione); inattivando l’inoculo del patogeno con estirpazione o eradicazione; con la protezione della pianta che ostacoli l’attività dei patogeni.
ESCLUSIONE:
è il modo più efficace per contrastare le malattie infettive impedendo il contatto tra ospite e parassita, metodo perseguibile con mezzi:
- Legislativi (quarantena), il nome deriva dal periodo di 40 giorni durante il quale navi in arrivo sospettate di portare persone con malattie contagiose erano costrette ad evitare ogni rapporto con la terra. È l’insieme di misure dettate da leggi e decreti atti ad escludere da interi territori, organismi o materiale veicolo di parassiti assenti nei territori medesimi. La quarantena può essere considerata una interdizione di tutto un genere di prodotti vegetali o materiali da paesi o continenti isolati in cui determinati parassiti difficilmente avrebbero possibilità di accesso. Ad oggi l’Europa è considerata territorio senza frontiere fitosanitarie interne e i controlli sui vegetali prodotti avvengono direttamente sul luogo di produzione. In Italia il decreto del 18-6-1993 e le direttive in esso contenute detta il rilascio di un passaporto delle piante (contrassegno internazionale di tipo A per piante di propria produzione; contrassegno B per piante acquistate e rivendute; contrassegno GZP per piante destinate a zone protette) che ne consente la libera circolazione nella comunità europea. Le ditte produttrici devono richiedere presso il servizio fitosanitario regionale l’iscrizione nel registro dei produttori che viene concessa solo dopo la verifica della corrispondenza alla normativa delle condizioni operative del vivaio; successivamente i produttori potranno richiedere allo stesso servizio fitosanitario regionale l’autorizzazione all’uso del passaporto per i loro prodotti.
- Biologici (impiego di materiale propagativo sano), per evitare che agenti di malattie indigene siano reintrodotti o che moltiplichino i loro inoculi in campi o serre esenti da queste malattie. Per far ciò sono stati attivati programmi finalizzati alla certificazione di sanità del seme o del materiale previa selezione o risanamento del materiale stesso; ciò è possibile utilizzando appositi saggi di sanità (indexing) che consiste nello stimolare la presenza del patogeno con l’isolamento su appositi substrati o su piante indicatrici particolarmente sensibili oppure con antisieri e sonde clonate. Fatto questo il materiale propagativo potrà essere certificato comprovandone la sanità dal servizio fitosanitario competente. Alcuni esempi di materiale che deve essere certificato sono: il garofano, la fragola per i gravissimi problemi virali o di malattie crittogame che così si possono prevenire (in questo caso si usa la termoterapia per ottenere materiale di moltiplicazione certificato), la vite, la lattuga tenendo sotto l’1% l’incidenza della malattia mantenendo sotto i 2 semi per milione potenzialmente infetti.
- Esclusione fisica, si ottiene frapponendo barriere o distanze fra il patogeno e la pianta o la coltura. Questo tipo di lotta è molto utile contro virus trasmessi da vettori alati e diventa indispensabile quando si debbano coltivare piante per la produzione di seme o materiale propagativo virus esente come nei casi trattati di garofano, lattuga e fragola. Si può ottenere aumentando la distanza dalle zone frequentate dai patogeni o dai loro vettori, come la produzione di fagiolo in zone aride o di patata in zone di montagna; per le piante ornamentali si usa spesso la coltivazione in vaso o bancali sollevati dal terreno; anticipazioni e posticipazioni di semina.
ERADICAZIONE
Per eliminare i focolai di malattie esotiche o per ridurre gli inoculi di malattie già ricorrenti nel territorio. La distruzione dell’inoculo può richiedere la distruzione della pianta ospite o parti di essa (eradicazione vera e propria ) , oppure si attua su attrezzi, materiali inerti, residui colturali, nel terreno.
- Eliminazione delle piante malate, come per l’eradicazione della ruggine del caffè che in Florida nel 1915 ha portato a sacrificare 3 milioni di alberi infetti o presunti tali , e ripetuta dopo la recente ricomparsa nel 1984. questo tipo di eradicazione è necessaria quando le piante infette fungono da veri e propri serbatoi di patogeni. Un esempio è rappresentato dall’utilizzo del fuoco nelle zone cerealicole per eliminare i cespugli di Berberis ospite secondario di Puccinia graminis. Nel caso della lotta al carbone della canna da zucchero con la raccolta e distruzione delle piante malate presenti; o come nel caso della Phytophtora della patata con la distruzione delle parti aeree tramite dissecanti per prevenire infezioni dei tuberi. Analoga situazione quando si devono asportare con pratiche chirurgiche tessuti infetti da specie legnose con potatura e distruzione con fuoco di rami infetti; rimozione di cancri e carie da fusti e grossi rami; in attivazione di funghi corticicoli anche con uccisione dei tessuti profondi mediante torce a cherosene.
- Disinfestazione del terreno agronomica e biologica, come le disinfestazioni tramite arature che espongono le radiazioni solari dirette agli strati profondi del terreno inattivano nematodi e stati quiescenti di funghi e batteri ; le rotazioni colturali lasciano esposti i patogeni alla competizione con altri microrganismi ostacolandone la moltiplicazione;
l’impiego di concimi modificano il pH o l'utilizzo di calciocianammide che esercita un’azione disinfettante diretta; l’anossia indotta dall'inondazione prolungata dei terreni per la coltura del riso deprime la vitalità di molti patogeni ed esalta lo sviluppo di antagonisti anaerobi, cosi come è accaduto per l’agente della malattia di Panama del banano (Fusarium oxysporum) dove la pratica della sommersione fu efficace anche contro i nematodi, molto sensibili all'anossia e contro lo Streptomyces scabies agente della scabbia polverulenta della patata.
- Disinfestazione del terreno chimica e fisica, per risanare il terreno nelle coltivazioni intensive dove c’è molto accumulo di patogeni e per eliminarli da attrezzi, contenitori e ambienti di trasporto e conservazione. Disinfestazione fisica con l’impiego diretto del calore secco o come vapore surriscaldato, utilizzati nella combustione controllata (pirodiserbo) , che elimina gli inoculi presenti in superficie ma agisce poco in profondità nel terreno. Il vapore surriscaldato viene normalmente applicato tramite tubi forati immersi nel terreno sotto lenzuoli di plastica portandolo a T di 90°C con conseguente distruzione della maggior parte dei microrganismi antagonisti e non, contribuendo alla condizione di vuoto biologico che favorisce la diffusione di patogeni senza incontrare nessun ostacolo; per questo questa pratica è considerata antiecologica per la facile diffusione anche di microrganismi ammonificanti e nitrosanti che favoriscono l’accumulo di ammoniaca e di nitriti. Oltretutto l’ammoniaca può essere fitotossica e i nitriti hanno effetti deleteri sulla salute umana, per non parlare dell’accumulo di Mn2+ causato dall'elevata temperatura su terreni acidi fino a livelli pericolosamente fitotossici.
Meglio quindi optare per la solarizzazione o pacciamatura riscaldante mediante fogli di polietilene trasparenti su terreni preventivamente livellati e bagnati, cosa che aumenta la conduttività termica del terreno e sensibilizza le forme quiescenti dei patogeni e delle infestanti, il tutto da utilizzare nel mese più caldo dell’anno. Questa pratica risulta efficace contro Verticillium, Fusarium, Pyrenochaeta, Sclerotinia, Pythium.
Disinfestazione chimica, più economica di quella fisica con l’impiego di biocidi ad azione totale, molto volatili e molto tossici per l’uomo e sono chiamati volgarmente fumiganti per la loro caratteristica di diffondersi in forma gassosa. Il bromometano è il più tossico dei fumiganti consentiti in Italia ed il più attivo anche a basse temperature del terreno, penetra anche a 50 cm di profondità trasformandosi in bromuro inorganico non più tossico. Il Dazomet insieme al metam-sodio possono essere applicati anche dagli stessi agricoltori per interramento in forma granulare.
Questa disinfestazione viene utilizzata per la lotta a malattie vascolari, marciumi basali e nematodi.
PROTEZIONE
È una delle strategie di lotta preventiva come l’esclusione e l’eradicazione; si attua creando sulle piante delle barriere chimiche o biologiche:
- Condizionamento ambientale, modificando la temperatura, l’umidità, la composizione chimica del suolo tutto per sfavorire i patogeni; intervenendo in pieno campo sul tipo di irrigazione, per scorrimento anziché per aspersione, e sulla sua frequenza, migliorando così il drenaggio. Orientando le file nel senso della direzione dei venti prevalenti; riducendo la densità di semina; modificando la forma delle piante arboree; ombreggiando, ecc.
- Protezione chimica, che si distinguono in base alla natura del patogeno da combattere ; si distinguono quindi fungicidi, battericidi, nematocidi e toticidi.
Il divieto di impiego degli antibiotici in Italia (streptomicina, kasugamicina, ossitetraciclina, novobiocina) ad eccezion fatta dei rameici tra i battericidi (ossichinolina, dithianon, acido oxolinico, ipoclorito di sodio per la disinfezione dei semi) porta ad uno studio più approfondito dei fungicidi indicati anche come anticrittogamici e fanno parte della grande famiglia degli ANTIPARASSITARI.
Fungicidi
Le proprietà fondamentali che un fungicida deve presentare sono:
- Tossicità e selettività proprietà intrinseche del principio attivo, la selettività garantisce l’innocuità del prodotto per uomo e ambiente ma anche per le piante sulle quali è utilizzato.
Ciò dipende dall'assorbimento cellulare, dai recettori e siti d'azione, dalla capacità di trasformare il composto in principio attivo.
- Bagnabilità, adesività e persistenza che dipendono dalla formulazione del prodotto rappresentata dalla preparazione industriale cui il prodotto è sottoposto per la distribuzione commerciale (per trattamenti a secco senza la necessità di usare vettori diluenti, in cui è importante la granulazione; per trattamenti liquidi sottoforma di polvere solubile, bagnabile, compresse effervescenti, soluzione concentrata, liquido emulsionabile). La formulazione comporta l’aggiunta del principio attivo presente in percentuali dall'1% fino al 90%. La persistenza si identifica con la resistenza al dilavamento o alla decomposizione chimica.
Una persistenza chimica elevata è una caratteristica negativa dal punto di vista igienico e ambientale. La compatibilità con altri prodotti è molto importante per la possibilità di combinazione con altri fungicidi. La sistemicità può essere ascendente o apoplastica quando la traslocazione attraverso lo xilema, mentre è detta discendente o simplastica quando attraversa il floema. Fungicidi citotropici sono quelli in grado di penetrare nei tessuti superficiali nonostante l’impossibilità ad essere traslocati.
Tra gli aspetti legislativi dobbiamo ricordare che i fungicidi sono considerati a tutti gli effetti presidi sanitari soggetti a disposizioni legislative che ne regolano l’utilizzo tramite autorizzazioni , controlli e registrazione, con la sola eccezione dei solfi grezzi, solfato di rame e solfato ferroso, da parte del Ministero della Sanità. Essi sono distinti in 4 classi (I, II, III, IV) di tossicità decrescente.
- Classe I, appartengono i presidi con principi attivi la cui DL50 (dose letale alla somministrazione orale per il 50% degli individui cavie saggiate) è inferiore a 50 mg/kg peso corporeo. Oggi appartenenti ai presidi molto tossici e tossici, la cui vendita è consentita solo a coloro muniti di certificato di abilitazione all’acquisto, rilasciata dagli organi competenti in seguito a colloquio.
- Classe II con DL50 compresa tra 50 e 500mg/kg. Appartenenti al gruppo dei presidi nocivi.
- Classe III quelli con una DL50 superiore ai 500mg/kg. Appartenenti al gruppo degli altri preparati.
- Classe IV quelli con rischi trascurabili. Appartenenti agli altri preparati.
Le modalità di applicazione riguardano il periodo presemina o del trapianto, o dopo la raccolta dei prodotti o durante la loro conservazione.
- applicazione prima dell’impianto della coltura tramite fumiganti per la disinfestazione del suolo; con fungicidi ad azione selettiva interrati come polveri, liquidi, granuli, oppure diluiti nell’acqua di irrigazione. Questo tipo di applicazione prevede l’uso di grandi quantitativi di prodotto a meno che non si localizzi il prodotto solo sulle buche o nei solchi del trapianto. Si può eseguire un trattamento anche immergendo le radici in sospensioni dei fungicidi prima dell’impianto cosi da far svolgere la loro azione sistemica. La concia è il metodo usato per il trattamento del materiale propagativo e soprattutto di semi con fungicidi e battericidi; può essere fatta con polveri, sospensioni e soluzioni . Nei semi confettati si mette il fungicida nel materiale di rivestimento.
Benomyl e Metalaxyl sono fungicidi sistemici
- applicazioni sulle parti aeree delle piante in riposo o in vegetazione è una delle consuete pratiche fitoiatriche , la cui efficacia dipende dalla tempestività e modalità di applicazione.
Ad esempio, i trattamenti invernali (sul bruno) trovano le piante indurite e poco sensibili alla tossicità del prodotto quindi si eseguono con maggiore quantità di fungicida raggiungendo quantità anche 3 volte superiori a quelle in vegetazione (come nel caso della poltiglia bordolese o di thiram solfato di rame). I trattamenti di ferite su parti legnose sono trattate per spennellatura, mentre le ferite dovute a potatura tramite irrorazione.
- applicazione post raccolta mirano alla difesa dei prodotti raccolti nel corso della loro conservazione, o per migliorarne la conservabilità. Vengono utilizzati ad esempio SO2 per sublimazione, difenile come impregnante di carte e cartoni, alboteni, thiabendazole e imazalil per irrorazione o immersione.
- macchine per l’applicazione dei fitofarmaci, tramite impolveratrici e irroratrici; le impolveratrici sono macchine semplici costituite da una tramoggia per le polveri, da un ventilatore e da un dosatore che regola la quantità di polvere rilasciata nei condotti dell’aria, possono essere a mano o a motore, trasportate o trainate. Le irroratrici possono essere a pressione o pneumatiche.
COMPOSTI INORGANICI E METALLORGANICI
- Sali di rame: lo ione rameico è considerato l’anticrittogamico per eccellenza, è attivo a bassissime concentrazioni su Plasmopara viticola, inibisce anche la moltiplicazione batterica e ha attività anche se bassa contro Erysiphaceae e Botritis.
La poltiglia bordolese consente appunto un lento rilascio dello ione rame. I trattamenti rameici ostacolano anche l’oidio e la muffa grigia. La poltiglia bordolese si prepara miscelando CuSO4 x 5H2O e Ca(OH)2 versando lentamente 20 parti della soluzione di calce in 80 parti della soluzione di solfato. La velocità di miscelazione è importante ai fini della dimensione delle particelle in formazione. Bisogna tener presente che la formula di Cubani (1kg di solfato di rame e 1 kg di calce) dà origine ad una miscela basica che ha caratteristiche di persistenza; mentre per accentuare la prontezza di azione bisogna puntare su miscele acide. L’ossicloruro tetraramico hanno minor adesività ma sono più semplici da preparare.
- Solfo e derivati inorganici del solfo, impiegato come purificatore nell'antichità, oggi si impiega come solfi sublimati, precipitati, ventilati, colloidali, micronizzati, attivati con permanganato o nero fumo, bagnabili. La loro forza deriva dalla dimensione delle particelle, dall'uso a temperature elevate, quindi si consigliano solfi fini nei periodi freddi e grossolani in quelli caldi. È molto selettivo e soprattutto contro Erysiphaceae. I polisolfuri di calcio che impastata prende una colorazione rosso rubino; è molto adesiva attiva contro mal bianchi, fumaggini, bolla del pesco, ticchiolatura del melo e contro acari e insetti.
- Sali e derivati organici del mercurio, sono altamente tossici e poco selettivi, oggi non sono più consentiti.
- Composti organici dello stagno, come il fentin acetato e il fentin idrossido (lo stagno trifenile) si usano contro la cercosporiosi della barbabietola e la septoriosi del sedano.
- Composti arsenicati ora proibiti venivano usati come insetticida e contro la necrosi corticale Phomopsis viticola.
COMPOSTI ORGANICI DI SINTESI
- Derivati dell'acido carbammico, propamobarb è un fungicida dotato di sistemicità acropeta, è usato contro Oomiceti su piante ornamentali
- Derivati dell’acido ditiocarbammico, prima erano usati nella lavorazione della gomma, oggi sono utili fungicidi: dimetilditiocarbammati (Thiram e Ziram) contro la bolla del pesco e nella concia dei semi; l’etilenbisditiocarbammati (Zineb, Maneb, Mancozeb) contro gli Oomiceti.
- Idrocarburi ed alogeno derivati; il difenile agisce in forma di vapore nei trattamenti post-raccolta per impregnazione delle carte che avvolgono frutti di agrumi; il dicloropropene è un fumigante a debole attività fungicida e contro nematodi nel terreno; il bromometano è un fumigante toticida per la disinfestazione del terreno.
- Composti organici del fosforo il Fosethyl di alluminio, fungicida sistemico attivo su Oomiceti , le piante in seguito a questo trattamento sembra producano anche più fitoalessine; Pyrazophos, fungicida sistemico contro Erysiphaceae; Tolclofos-methyl, efficace contro Rhizoctonia.
- Policloronitrobenzeni Pentacloronitrobenzene, ha elevata tossicità contro Sclerotinia e Rhizoctonia (venne proibito per la presenza di diossina nei formulati); Chlorotalonin, ha un ampio spettro e poco tossico.
- Composti eterociclici con un eteroatomo, Tioftalimmidi (Captanper le pomacee, Captafoltossico per gli addetti alla sintesi , Folpet per la vite) contro Oomiceti, Taphrina, Venturia, Fusarium, Collectotrichum, Cercospora.
- Derivati da crinolina, Chinosol e Ossochinolinato di Rame antifungina e antibatterica.
- Composti eterociclici con più eternatomi, Benomyl sistemico apoplastico, utile contro malattie fungine vascolari in postraccolta e in campo; nella pianta si trasforma nella forma attiva MBC (benzimidazolil-carbammato); Carbossanoilidi o Ossatine sono attivi contro basidiomiceti e basidiomicetoidi; derivati da idrossipirimidina (Ethirimol, Dimethirimol, Bupirimate) con attività antioidica e sistemicità apoplastica; derivati da pirimidina (Triarimol, Fenarimol, Nuarimol) inibiscono la biosintesi degli steroli con alterazione della permeabilità di membrana , sono attivi contro oidi e ticchiolature; derivati da triazolo (Triadimefon, Propiconazole, Tetraconazole, Penconazole, Triadimenol) tutti inibitori di steroli (IBS) contro oidi, ticchiolature e ruggini; derivati da piperazina (Triforina) contro oidi, moniliosi, ticchiolature e cladosporiosi; derivati da morfolina (Tridemorph, Dodemorph, Fenpropimorph) tutti IBS contro oidi e ruggini dei cereali; derivati da imidazolo (Imazalil, Prochloraz) sono IBS contro oidi e cercosporiosi, ticchiolature, mal del piede, septoriosi.
- Derivati da guanidina, Dodina parzialmente citotropico contro la ticchiolatura delle pomacee, si comporta come tensioattivo cationico che necessita nelle formulazioni di antischiuma anziché di bagnanti.
- Derivati da anilina Trifluralin è un potente erbicida e induce resistenza contro tracheomicosi; Dichloran utilizzato contro Botrytis e Sclerotinia.
- Fenilammidi, selettive contro Oomiceti, sistemici apoplastici (Metalaxyl, Furalaxyl, Benalaxyl, Oxadixyl) purtroppo però inducono facilmente la comparsa di ceppi resistenti.
- Dicarbossimidici, immidi cicliche contro Sclerotinia e ottimi antibottritici (Vinclozolin, Procymidone, Iprodione, Chlorolinate).
- Acetammidi, Cymoxanil contro Oomiceti, oggi molto usato contro la peronospora della vite.
- Sulfonammidi, Dichlofluanide a spettro molto ampio, utilizzabile contro peronospore, oidi, muffa grigia, phomopsis viticola..
- Fenoli, chinoni, Dinocap, Karathane efficace antioidico con un effetto acaricida; veniva usato insieme allo zolfo contro l’oidio della vite; Dithianon contro Phytophtora, Colletotrichum, Venturia, Peronospora.
- Derivati della triazina, Anilazina è impiegato nella difesa dei tappeti erbosi.
RESISTENZA AI FUNGICIDI
Caratteristiche del fenomeno: fino a non molti anni fa i principali fungicidi utilizzati erano rame e zolfo, che presentavano poca specificità; anche i fungicidi sintetici (ditiocarbammati e ftalimmidi) non presentavano azione specifica. Con l’introduzione dei fungicidi sistemici si è ricercata una selettività cellulare e biochimica con meccanismi di tossicità centrati su determinati bersagli biochimici dipendenti da singoli o pochi geni. Nella resistenza ai fungicidi ricordiamo l’esistenza di:
- Resistenza di laboratorio che si evidenzia in vitro con la capacità di sviluppo in presenza del fungicida. Non sempre offre una indicazione affidabile della resistenza di campo
- Resistenza di campo che si misura in campo con la riduzione o la totale perdita di efficacia del fungicida dovuto alla presenza di popolazioni del patogeno divenute resistenti.
- Resistenza incrociata positiva è la resistenza acquisita nei confronti di un principio attivo che diventa valida anche per altri principi attivi. Questa è molto comune tra fungicidi dello stesso gruppo chimico cioè con lo stesso meccanismo di azione.
- Resistenza doppia o multipla, un pò più rara, sorretta da geni distinti da due o più fungicidi con diverso meccanismo di azione.
- Resistenza incrociata negativa, quando la stessa modificazione genetica cui è legata la resistenza ad un fungicida determina sensibilità verso uno xenobiotico.
In agenti patogeni quali ad esempio Borytis, Penicillium e Venturia si è riscontrata resistenza incrociata sin da subito verso i Benzimidazolici (che interferiscono nella mitosi legandosi alla tubulina del fuso mitotico); altri patogeni come Phytophtora infestans e Plasmopara viticola verso i fenilammidi (che agiscono inibendo l’RNA polimerasi); per evitare e prevenire lo sviluppo di resistenze è bene seguire pochi ma utili consigli:
- Usare i fungicidi miscelati con prodotti ad azione non specifica come rameici, ditiocarbammati, folpet.
- Impiegare fungicidi a rischio solo in casi di emergenza e per non più di 2-3 volte all’anno.
- Impiegarli in rotazione con altri prodotti
- Valutare con operazioni di monitoraggio eventuali cambiamenti in atto nella resistenza per poter intervenire tempestivamente.
MEZZI BIOLOGICI DI LOTTA CONTRO LE MALATTIE DELLE PIANTE
Il sopravvento di popolazione resistenti ai fitofarmaci , le modificazioni della flora infestante hanno portato all’adozione di forme di agricoltura più rassicuranti, come la lotta biologica mediante l’intervento di organismi non compresi nel binomio OSPITE-PARASSITA. Nella lotta biologica rientra anche la lotta agronomica.
- Fattori biologici naturali di limitazione dei patogeni nel terreno e sulle piante , nel terreno l’antagonismo ai patogeni si esercita con meccanismi di predazione, iperparassitismo, antibiosi, competizione per il substrato; tutto questo deve esplicarsi con maggiore efficienza nella rizosfera, dove cioè le secrezioni radicali provocano fenomeni chemiotropici sui parassiti. Con il termine di repressività è stata indicata recentemente la capacità di un terreno di ostacolare l’insediamento e il mantenimento della virulenza dei patogeni;
LE SUPERFICI EPIGEE DELLE PIANTE costituiscono ambienti fortemente soggetti a fluttuazioni di umidità , temperatura e radiazione solare cosa che porta ad unaselezione naturale di poche specie batteriche che possono sopravvivere in tali condizioni (Erwinia, Pseudomonas, Xantomonas, Flavobacterium) e di altrettante specie fungine (Cladosporium, Alternaria). Per contrastarne lo sviluppo adottano meccanismi di competizione per il substrato e meccanismi di antibiosi. Altro metodo è quello dell’insediamento degli iperparassiti, se ne conoscono più di 80 specie solo per contrastare ruggini e oidi.
Applicazione di lotta biologica mira al:
- mantenimento o alla ricostituzione di equilibri biologici favorevoli mediante interventi indiretti costituiti da misure agronomiche (come letamazioni, rotazioni, ammendamenti. Con le rotazioni si provoca una progressiva diminuzione degli inoculi);
- alla ricostituzione di tali equilibri mediante limitatori mancanti;
- l’impiego di limitatori in ambiente in cui essi abbiano scarse possibilità di inserimento in modo stabile.
LOTTA INTEGRATA
Poiché le resistenze genetiche possono essere facilmente superate da nuove razze fisiologiche, gli antiparassitari resi inefficaci da popolazioni resistenti dei patogeni oppure banditi per il loro effetti dannosi per i consumatori e per l’ambiente, è nata la necessità di ricercare combinazioni di metodi di lotta diversi e complementari ad efficacia singola parziale, cioè di affidarsi alla lotta integrata.
Esistono diversi metodi che si avvalgono di tale lotta.
I più semplici sono rappresentati da:
- Combinazione di trattamenti chimici e termici nella disinfezione dei bulbi
- Combinazione di resistenze genetiche parziali
- Bassi dosaggi di fungicidi e di antagonisti resistenti ai medesimi nella lotta a tracheofusariosi del garofano
- Areazione notturna delle serre associata ad un ridotto numero di trattamenti fungicidi contro la muffa grigia del pomodoro e della fragola
Ben più complessi sono i sistemi globali di lotta integrata in cui tutte le fasi del ciclo produttivo (come la scelta della coltura , rotazione, trattamento del seme, densità di semina e di raccolta, concimazione, irrigazione, diserbo, ecc.) sono gestite in modo da minimizzare l’impatto dei patogeni.
TERAPIA
Si intende in senso stretto la lotta attuata con interventi in grado di
1) eliminare i sintomi e ripristinare la normale funzionalità di piante o parti di esse (cosa quasi impossibile da attuare in quanto raramente i sintomi sono totalmente reversibili).
2) eliminare il patogeno presente nella pianta prima del manifestarsi dei sintomi (ciò è possibile in molte malattie durante le fasi di latenza). Il termine terapia si riferisce anche agli interventi che bloccano il progredire della malattia anche quando i sintomi siano già manifesti in modo irreversibile, limitando così i danni e consentendo lo sviluppo di tessuti e organi sani.
- Termoterapia
- Terapia con coltura di apici meristematici e tessuti riproduttivi
- Chemioterapia
IMPIEGO DELLA RESISTENZA
Resistenza genetica
L’impiego della resistenza è il metodo più sicuro ed economico contro le malattie delle piante.
- Fonti di resistenza: applicata in modo sistematico e scientifico nell'ambito di varietà comunemente coltivate, la selezione ha consentito di ottenere linee di svariate specie agrarie con un buon livello di resistenza verso alcune malattie (tracheofusariosi del pomodoro, del lino). La scoperta della natura genetica e dell’eredità mendeliana della resistenza ha dato nuovo impulso all'introduzione di resistenze mediante ibridazione tra varietà coltivate e specie selvatiche affini che erano resistenti in natura. La pressione esercitata dal patogeno è necessaria non solo per la selezione, ma anche per il mantenimento della stessa resistenza. La durata dell’interazione necessaria per la selezione di popolazioni di piante resistenti in natura è molto variabile anche in funzione del tipo di gamia delle piante. Il persistente utilizzo di ditiocarbammati nel corso della selezione per il miglioramento genetico del garofano (ad esempio) in Italia ha impedito il mantenimento di caratteri di resistenza all’Eterosporium. Con le moderne tecniche di selezione dei geni di resistenza disponibili si sono ridotti i tempi lunghi che lunghi della selezione naturale. Per ottenere caratteri di resistenza naturalmente non presenti si può fare ricorso a trattamenti mutageni applicati a piante intere, oppure ai soli organi di moltiplicazione, o meglio ancora al polline o a varianti monoclinali prodotti nel corso della coltura in vitro (callicloni, somacloni, protocloni).
- Tipi di resistenza genetica: la resistenza dipende da un notevole numero di sistemi genetici di varia complessità. Può essere determinata a livello di nucleo o di citoplasma , può essere dominante o recessiva, può dipendere dall’interazione con altri geni (epistatici, inibitori, oligogeniche). Alcune resistenze dipendono da uno o pochi alleli (resistenze mono oligogenetiche), altre da un complesso di fattori e si comportano come caratteri quantitativi (resistenze polifattoriali). Le resistenze oligogenetiche risultano efficaci perché non facilmente influenzabili da fattori ambientali , ma di contro sono poco durevoli; nella maggior parte dei casi i geni di resistenza esercitano sul parassita una pressione di selezione che in tempi brevi determina la comparsa di nuove razze fisiologiche (caso verificatosi per la peronospora della patata). Le resistenze mono e oligogenetiche sono dette verticali mentre quelle poligeniche sono dette orizzontali.
Queste ultime sono caratterizzate da assenza di reazioni differenziali (come ad esempio la presenza o assenza di RI) tra genotipi dell’ospite e genotipi del parassita, presentano livelli bassi di efficacia ma hanno validità generale verso tutte le razze di un determinato patogeno e sono pertanto stabili. Purtroppo con l’aumentare dei geni di resistenza diminuisce il loro apporto specifico e le interazioni differenziali finiscono con l’essere mascherate. La resistenza parziale dell’orzo verso PUCCINIA HORDEI è dovuto alla riduzioni della frequenza di infezione , del lungo periodo di incubazione e del numero di spore prodotte. Tra tutti questi fattori solamente il periodo di incubazione funge da carattere discriminante della virulenza delle razze.
- Metodi di selezione e trasferimento delle resistenze alle malattie: la selezione di fenotipi di piante resistenti richiede di mettere a punto metodi di inoculazione. Questa è un’operazione molto delicata soprattutto quando le resistenze da vagliare sono quelle di tipo orizzontale (cioè quantitativo) perché l’esito delle inoculazioni è fortemente influenzato dall’entità dell’inoculo e dal grado di recettività e predisposizione delle piante. Un altro metodo è quello di applicare le tossine direttamente su popolazioni di piante o colture di cellule o tessuti con il risultato che talvolta la resistenza selezionata a livello cellulare non viene espressa nell'intera pianta. Il metodo più convenzionale di trasferimento di geni per la costituzione di cultivar resistenti consiste nell’incrocio.
- Forme di impiego della resistenza genetica:
CULTIVAR RESISTENTI rappresentano la forma più comune di utilizzazione delle resistenze genetiche verso funghi, batteri, e virus che ovviano al problema degli enormi costi che comportano pratiche quali utilizzo di antivirali o disinfezione del terreno .
IBRIDI RESISTENTI DI PRIMA GENERAZIONE legati a geni dominanti facilmente esprimibili in eterozigoti di prima generazione (F1); sono molto utilizzati in orticoltura e nel settore cementiero. MULTILINEE cioè miscele di linee agronomicamente simili ma differenti nei geni di resistenza verticale di cui sono portatrici (isolinee). Le multilinee sono ottenibili introducendo separatamente in un’unica varietà diversi geni di resistenza.
Ne è un esempio una cultivar multilinea di grano impiegato in Olanda contro la ruggine gialla che contiene in ugual misura 5 isolinee costituite per incrocio di una cultivar con alte prestazioni agronomiche con altrettante cultivar dotate di distinti geni di resistenza, ciascun ibrido è stato quindi reincrociato e selezionato per più generazioni fino ad ottenere le 5 linee fenotipicamente simili tra loro ed alla cultivar di partenza, ma portatrici di geni diversi. Per ora l’impiego delle multilinee è limitato ai cereali.
VARIETÀ COMPOSTE sono incroci in tutte le possibili combinazioni di varietà di specie allogame con diversi geni di resistenza successivamente coltivati come popolazione mista. PORTAINNESTI RESISTENTI ai parassiti adottati da tempo nelle specie legnose (nella vite contro la fillossera, negli agrumi contro PHYTOPHTORA, nei frutteti contro i marciumi radicali). Ci si può avvalere di questa tecnica contro malattie che interessano il pomodoro in serra o la melanzana, cetriolo, melone.
Resistenza indotta
La PREDISPOSIZIONE è la misura della variazione di resistenza determinata da fattori esterni ed è possibile modificarla e indurre resistenza alle malattie agendo quindi sulla TEMPERATURA, UMIDITÀ, NUTRIZIONE, ORGANISMI E VIRUS ASSOCIATI ECC.
- Con metodi fisici e chimici questo tipo di lotta è adottato frequentemente ( ne sono esempi l’indurimento delle piante tramite ridotto apporto idrico, abbassamento della temperatura o la riduzione degli apporti di azoto; per esempio la somministrazione di sali di calcio favorisce la costituzione di composti peptici particolarmente resistenti all'azione degli enzimi dei parassiti; ecc).
- Con mezzi biologici: metodo che si basa sul fatto che le infezioni in una determinata parte della pianta sono seguite da acquisizioni di resistenza in parti limitrofe o anche a distanza; in questo senso si è cercato di affinare tecniche di immunizzazione o premunizione delle piante con l’impiego di ceppi non virulenti di patogeni. Si è scoperto inoltre che alcune specie si prestano più facilmente di altre ad essere immunizzate (come il tabacco e le cucurbitacee). I pericoli di questa pratica sono 1) la possibile azione sinergica del ceppo leve con altre specie virali che infettassero la coltura successivamente e 2) la diffusione di eventuali mutanti gravi del ceppo virale lieve.