Le forme di allevamento per le varietà seedless: i criteri di scelta
Fonte: Rivista "Uva da tavola"
articolo a cura di Agrimeca Grape and Fruit Consulting - Turi (Bari)
In viticoltura da tavola la forma di allevamento rappresenta un fattore importante per la produzione di uve di qualità, in quanto influenza in maniera determinante la disposizione di foglie e grappoli, la carica di gemme per ceppo e per ettaro, il sistema di potatura, la messa in opera di sistemi di forzatura (anticipo e posticipo della raccolta) e di protezione da eventi climatici calamitosi (grandine, vento, pioggia) e la creazione di un microclima che condiziona la suscettibilità a patogeni.
La giusta forma di allevamento deve consentire, quindi, la migliore utilizzazione delle risorse ambientali (luce, acqua, terreno), l'idonea captazione dell'energia solare (e quindi una maggiore efficienza dell'attività fotosintetica nella pianta) e la massimizzazione delle caratteristiche genetiche della varietà per gestirne al meglio le potenzialità produttive.
Conoscere le caratteristiche vegeto-produttive della cv. da impiantare rappresenta un punto fondamentale per la scelta del giusto sistema di allevamento, il quale consentirà il raggiungimento del corretto equilibrio della pianta. In questo, la potatura gioca spesso un ruolo fondamentale.
Infatti, per molte varietà apirene, caratterizzate da un'elevata vigoria ed una bassa fertilità delle gemme basali, sono da sconsigliare potature corte. In secondo luogo, è sempre opportuna una buona esposizione dei germogli ai raggi solari, pertanto le strutture dovrebbero garantire la migliore efficienza fotosintetica. Attualmente, anche se ci sono alcune varietà che ben si adattano ad altri sistemi, come il cordone speronato per la Flame Seedless o l'Early Sweet, le principali forme di allevamento più utilizzate al mondo sono il Tendone e la Ypsilon, con tutte le relative varianti.
Forma di allevamento a tendone
La forma di allevamento a tendone è la più utilizzata nelle aree produttive italiane di uva da tavola. Si adatta a condizioni pedoclimatiche più ricche e permette di utilizzare tutte quelle tecniche colturali capaci di aumentare le produzioni (irrigazione, fertilizzazione, elevato carico di gemme).
Questa forma di allevamento non è altro che una pergola con tetto orizzontale chiuso, alto da terra circa 2 metri, caratterizzata dalla percorribilità incrociata che facilita lavorazioni, difesa fitosanitaria e raccolta.
Una delle modifiche più importanti effettuate sul tendone è stata la realizzazione del doppio impalco, con cui si è separata la zona produttiva posta sul palco inferiore, dove si sistemano i capi a frutto della potatura invernale, dalla zona di vegetazione posta sul palco superiore a una distanza di circa 25 cm.
Nelle nuove strutture la regola del doppio impalco è sempre meno utilizzata, in quanto le coperture (reti e teli), associate alla vigoria di tali varietà, creano un maggior ombreggiamento ed è quindi necessario permettere alla luce di raggiungere con più facilità e maggiore efficienza le piante.
Forma di allevamento a Ypsilon
Si tratta di una forma di allevamento a pergola a tetto obliquo, utilizzata da ormai molti anni in Australia, Sud Africa, California, Israele ecc. sotto il nome di gable trellis system, nella versione a tetto chiuso o aperto. Questa forma permette di sostenere un elevato numero di germogli e nello stesso tempo una buona esposizione dei grappoli alla radiazione solare.
Tale sistema agevola alcune operazioni colturali quali la raccolta, le operazioni sul grappolo e la potatura verde.
In Italia, dopo qualche tentativo di introduzione in passato, si sta diffondendo solo in questi ultimi anni come forma di allevamento "innovativa", proponendola con alcune modifiche apportate per migliorare gli standard produttivi.
Le regole principali
Una delle regole principali per la realizzazione di una nuova struttura è quella di garantire la massima distanza possibile tra l'impalco sul quale sono posizionati i tralci e la copertura, sia essa rete o film plastico.
Con una rete troppo vicina, lo strofinamento prolungato degli apici dei germogli potrebbe portare ad una spuntatura involontaria e, di conseguenza, ad una partenza dei germogli secondari. Ciò significherebbe, in fase di potatura, avere a disposizione tralci vuoti e poco agostati (o maturi).
I film plastici molto prossimi alla vegetazione, invece, destano molta più preoccupazione in quanto il calore accumulato, in particolare durante i mesi estivi, potrebbe creare problemi di scottature e bruciature fogliari, con tutte le difficoltà che ne conseguono. Il sistema di allevamento, quindi, va progettato anche in base alla vigoria della pianta.
Altro aspetto fondamentale è la scelta del sesto di impianto. La distanza più importante da considerare in fase di progettazione non dovrebbe essere quella sulla fila ma quella tra la file, per consentire il maggior ingresso di luce nella zona centrale.
Tra i produttori di uva da tavola spesso permane la convinzione che il vecchio sistema di allevamento a tendone dell'uva Italia (che tante soddisfazioni ha garantito negli anni!), con sesto 2.40 x 2.40 o 2.50 x 2.50 metri (o distanze intermedie e variabili), sia ancora il migliore ed il più efficiente.
Appare evidente, però, come le coperture con reti o film plastici causano un ombreggiamento eccessivo che porta ad una riduzione delle performance delle piante o ad alternanze produttive, specie se si utilizzano teli vecchi e usurati o se le varietà sono eccessivamente vigorose.
Avere più spazio tra le file, quindi sesti di impianto come 2.40 x 3.20 o 2,40 x 3,50 metri, potrebbe garantire molti vantaggi, in particolare nel caso delle varietà senza semi.
Ad esempio, le varietà Superior e Crimson Seedless troverebbero maggior giovamento se coltivate con un sesto più largo tra le file, il quale consentirebbe alle uve di maturare e colorare meglio grazie alla maggiore disponibilità luminosa. Ricordando che la luce rappresenta il "fertilizzante" più importante per la pianta.
Inoltre, nel caso di reimpianti con nuove varietà apirene, spesso si utilizza la tradizionale struttura a tendone pre-esistente, attuando degli opportuni adattamenti. L'operazione più semplice è quella di lasciare una posizione vuota tra le piante (una pianta sì ed una no), in modo da ottenere una disposizione a quinconce e maggiore spazio, condizione essenziale per le varietà molto vigorose. C'è oggi una nuova tendenza, ovvero quella di eliminare, in maniera alternata, intere file.
Si ottengono così sesti di impianto di 2,40 x 4,80 metri che, in molti casi, garantiscono ottimi risultati sia dal punto di vista produttivo che qualitativo.
La potatura
La potatura rappresenta ormai uno dei rebus più complessi per i viticoltori, poiché la "mentalità dell'uva Italia" è ancora molto radicata. Spesso, per le nuove varietà apirene, che hanno bisogno di potature più ricche, lo spazio da gestire è maggiore e c'è bisogno di un carico più elevato. In alcuni casi, come detto, la fertilità basale è molto bassa e quindi si rende necessario aumentare il numero di gemme, oltre 100 per pianta, collocandole su vari tralci.
Il concetto più importante è quello di sfruttare il flusso linfatico esterno per impedire tagli interni importanti che, irrimediabilmente, potrebbero creare zone di secco predisposte al mal dell'esca, portare ad un invecchiamento precoce della pianta e ad un notevole calo produttivo.
Un'altra regola fondamentale, poco rispettata sulle varietà seedless, è il posizionamento dei tralci, spesso lasciati "dove capita".
A distanza di anni, questo modus operandi ha causato in diversi vigneti una serie di problematiche che hanno portato ad un decadimento delle produzioni. Pertanto, con le dovute varianti, le regole auree della potatura andrebbero sempre rispettate.
Importante è invece la cosiddetta potatura di formazione, tema altamente dibattuto tra i vari operatori agricoli. Le diverse correnti di pensiero portano ad utilizzare una differente altezza di impalco (più comunemente conosciuta in gergo come "croce").
Tecnicamente, un impalco più alto consente di intercettare maggiore radiazione luminosa. Al contrario, con un impalco troppo basso, i tralci, essendo più inclinati, sono meno esposti alla luce e quindi soggetti ad una incompleta differenziazione delle gemme poste più in ombra e ad un mancato (o stentato o sterile) germogliamento di quelle basali. Difatti, le gemme più fertili e produttive della vite sono sempre quelle disposte sui tralci paralleli al suolo.
Tendone o Ypsilon?
La scelta della giusta forma di allevamento è dettata da una moltitudine di fattori, in particolar modo dalla varietà che si deve impiantare, dall'epoca di raccolta (si può decidere di raccogliere la stessa varietà di uva con anticipo o ritardo) e da una serie di processi decisionali, che sono variabili a seconda dei casi aziendali. È ormai ricorrente ritrovare, nelle varie zone di produzione, forme intermedie dei due sistemi, in quanto ciascun viticoltore costruisce la struttura in base alle proprie esigenze.
A livello internazionale, il sistema ad Ypsilon è molto utilizzato per le varietà precoci, poiché garantisce una maggiore esposizione ai raggi solari e permette di sfruttare l'effetto del calore del suolo. Per le uve destinate al ritardo della raccolta è invece molto più indicata la forma a tendone, in quanto i trattamenti bagnano meglio i grappoli. Nella forma ad Ypsilon, infatti, gli interventi fitosanitari per il controllo delle principali avversità della vite, in particolare tignoletta, oidio o botrite, potrebbero essere meno efficaci in quanto i grappoli, sovrapponendosi, sono soggetti ad una bagnatura meno uniforme.
La Ypsilon, inoltre, a differenza del tendone, non permette il controllo puntuale del lavoro dell'operaio e non consente l'attraversamento trasversale dell'impianto. Tale difficoltà, per quanto spesso insignificante, in taluni casi assume una notevole importanza, in quanto è causa di considerevoli perdite di tempo.
Di contro, la forma a tendone, oltre a determinare un maggiore ombreggiamento, per cui si rendono necessarie operazioni di defogliazione per consentire una migliore penetrazione dei raggi solari, comporta nel complesso maggiori costi di manodopera in quanto gli operatori, lavorando sempre con mani e braccia alzate e testa inclinata all'indietro, assumono una posizione ergonomicamente scorretta, andando incontro a problemi di stanchezza che si traducono, anche in questo caso, in un maggior dispendio temporale.
Per questi motivi sono state proposte variazioni alla classica forma di allevamento a tendone, che prevedono un abbassamento della struttura, finalizzato a facilitare le operazioni colturali. In tal caso, però, la risposta della pianta è spesso una spinta della vegetazione verso l'alto che, avvicinandosi troppo ai film plastici, è soggetta ai problemi prima descritti.
Nel complesso si può affermare che nelle principali aree di produzione di uva da tavola del mondo la forma di allevamento più utilizzata è il tendone, con tutte le sue varianti.
In Sud Africa, ad esempio, in passato si era scelto di utilizzare quasi esclusivamente la forma ad Ypsilon. Oggi, con il ricambio varietale a favore delle nuove cv. apirene, i produttori si stanno orientando lentamente, ma in maniera sempre più pronunciata, verso la forma a tendone. La possibilità di non avere grappoli sovrapposti ma più distanziati tra loro consente infatti di evitare danni da sfregamento e di poter effettuare al meglio i trattamenti fitosanitari e soprattutto ormonali (con acido giberellico, citochinine e altri), questi ultimi molto importanti per produrre uve apirene di qualità superiore.
Conclusioni
La forma di allevamento rappresenta un fattore importante per il raggiungi mento dei parametri quali-quantitativi che si vogliono raggiungere con le nuove varietà apirene.
Spesso, purtroppo, si assiste ad una esaltazione dell'una o dell'altra forma, magnificandone i pregi e dimenticandone i difetti, operazione deleteria per lo sviluppo del settore e del territorio.
Pertanto, importante risulta essere la figura del tecnico, il quale dopo avere illustrato i pro e i contro di ciascun sistema di allevamento, deve essere in grado di guidare l'agricoltore verso la scelta ottimale, al quale spetta sempre e comunque la decisione finale di ogni investimento.