Fonte: Rivista "Fertilizzanti"
articolo a cura di Elisabetta Peruzzi - elisabetta_peruzzi@hotmail.it
Verso l'eventuale inclusione di fosfati di recupero, ceneri e biochar nel Regolamento UE sui fertilizzanti
Nell'ambito della revisione del Regolamento CE 2003/2003 in materia di fertilizzanti, e di un più ampio obiettivo di implementazione dell'economia circolare, la Commissione Europea ha istituito un gruppo tecnico di lavoro il cui compito è quello di fornire indicazioni tecnico-scientifiche relativamente a particolari tipologie di prodotti, di natura eterogenea, utilizzabili come alternativa ai concimi fosfatici tradizionali.
Con l'acronimo STRUBIAS ci si riferisce sia a questo tipo di materiali (STRUvite, BIochar, ASh-based materials), sia al sottogruppo del Fertilizer Working Group che, lavorando in parallelo con il Joint Research Centre, ha il compito di proporne i possibili criteri di processo e di prodotto finalizzati all'inserimento in normativa.
L'interesse per questo tipo di prodotti nasce principalmente da due considerazioni: la loro capacità di rilasciare lentamente i nutrienti indispensabili alle piante e la necessità di sostituire i tradizionali fertilizzanti fosfatici, in cui spesso è presente il cadmio. Mentre il rischio per la salute umana e per l'ambiente legato alla presenza di questo elemento nelle fosforiti (e quindi in buona parte dei concimi fosfatici tradizionali) è tuttora argomento di dibattito, la capacità di rendere disponibili i nutrienti nel lungo periodo ne giustifica pienamente l'applicazione.
Struvite, biochar e ceneri hanno un contenuto di anidride fosforica simile a quello delle fosforiti, ma il titolo di cadmio è di circa un ordine di grandezza inferiore. Per quanto riguarda le potenzialità dal punto di vista nutritivo, molti dei materiali STRUBIAS sono ricchi di nutrienti (potassio, calcio, magnesio e zolfo) prontamente disponibili per le piante, ma ulteriori valutazioni dovranno riguardare la loro efficacia agronomica.
Esaminando le materie prime da cui gli STRUBIAS hanno origine, queste sono le più varie: materie prime secondarie ben definite (inclusi rifiuti e sottoprodotti ai sensi della direttiva CE 2008/1998), materiali definiti nel regolamento CE 1069/2009, e materiali biologici.
Struvite o fosfati di recupero
Con struvite si indica generalmente un gruppo di fosfati di recupero ottenuti dalla precipitazione di una soluzione liquida o di una sospensione, utilizzabili sia tal quali come fertilizzanti, sia come ingrediente per la produzione di concimi.
La struvite minerale (fosfato idrato di ammonio e magnesio) è conosciuta, insieme ad altri fosfati di calcio e fosfati di magnesio, come un sottoprodotto di diversi processi industriali. Considerato che i fosfati di alluminio e ferro non sono registrati come concimi ai sensi del Regolamento CE 1906/2006 (REACH), l'inclusione dei fosfati di ferro nelle struviti è oggetto di discussione. Il titolo in fosforo è in media elevato, sono presenti solo tracce di impurità e agisce come un fertilizzante a lento rilascio: queste ragioni fanno sì che i fosfati di recupero siano considerati un ottimo sostituto dei concimi fosfatici tradizionali.
Le criticità si evidenziano nelle fasi di lavorazione: la sua produzione industriale è complessa e onerosa, inoltre la scelta delle materie prime dipende sia dal contenuto in fosforo che deve essere simile a quello della fosforite (preferibilmente 30-40%, espresso in anidride fosforica), sia dal contenuto in carbonio organico.
Le acque di scarico e i fanghi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane, il letame stabilizzato e semistabilizzato, i sottoprodotti di specifiche filiere agroalimentari, i residui agricoli e forestali, la pasta di legno vergine e i rifiuti organici sono materiali grezzi idonei per la produzione di struvite a uso agronomico.
I fosfati di recupero possono essere inoltre utilizzati come ingrediente per la produzione di fertilizzanti organici. Va tenuto presente che questi però possono presentare un'elevata concentrazione di magnesio (può raggiungere quasi il 10%), il che può causare l'accumulo di questo elemento nel suolo portando a fenomeni di fitotossicità e la sua lisciviazione nelle acque sotterranee.
Le criticità non risiedono soltanto nella concentrazione del magnesio, ma anche nella potenziale presenza di contaminanti organici, di metalli pesanti e di altri xenobiotici, nonché di microrganismi patogeni. È quindi chiaro che l'utilizzo di talune materie prime rende necessaria una accurata valutazione, anche considerando che le procedure analitiche per la tracciabilità e la quantificazione dei contaminanti organici sono complesse e costose.
Biochar
Il termine biochar indica una sostanza eterogenea ricca in composti aromatici (idrocarburi) e in minerali, derivante dalla pirolisi di biomassa e soggetto a processi produttivi sostenibili e in condizioni controllate.
Il contenuto in carbonio organico del biochar oscilla tra il 5 e il 95% del peso secco, a seconda della materia prima utilizzata (materie prime di origine vegetale sono ricche in carbonio, con un titolo di questo elemento maggiore del 50%, mentre in quelle di origine animale prevalgono altri elementi) e dalla temperatura raggiunta durante la combustione.
A titolo di esempio, il carbone di faggio contiene circa l'85% di carbonio organico, mentre la pollina pirolizzata ne contiene il 25% e le ossa meno del 10%. La pirolisi è applicata anche nell'industria chimica, ma in questo caso i sottoprodotti solidi non sono utilizzabili a fini agronomici.
I carboni possono essere usati come fonte diretta di nutrienti: in termini quantitativi fosforo, potassio, magnesio e calcio rimangono pressoché inalterati nel materiale finale.
Diverso destino si ha invece per l'azoto: non solo il processo di pirolisi comporta perdite di questo elemento estremamente variabili (dallo O all'80%, a seconda delle condizioni applicate nel trattamento), ma può anche favorirne la trasformazione di una parte importante in complessi non disponibili per le piante.
Indipendentemente dal materiale di origine, il biochar è adatto per tutte quelle applicazioni che non implicano una rapida mineralizzazione: ammendante, stimolante dell'attività microbica nella rizosfera (con conseguente effetto positivo sulla produzione) e stimolante della crescita radicale.
Non è di secondaria importanza la loro capacità di trattenere i nutrienti all'interno della matrice del suolo, aumentando così l'efficienza di fertilizzanti già distribuiti.
Recenti studi dimostrano le potenzialità del biochar nella bonifica di suoli contaminati, quale ammendante naturale e poco costoso. Un'altra interessante applicazione è come substrato di crescita nel settore delle coltivazioni fuori suolo. Gli elevati valori di pH che caratterizzano il biochar giustificano il loro utilizzo come correttivi in suoli particolarmente acidi: nell'ambito della revisione del regolamento è però poco probabile che possano rispondere ai valori richiesti per i correttivi tradizionali, non avendo la loro stessa efficacia e la loro stessa sostenibilità economica.
Se impiegati come fertilizzanti, è ovviamente necessario che i materiali pirogenetici abbiano quantità adeguate di macronutrienti e che questi siano disponibili per le piante nel breve periodo.
Il carbonio deve essere presente in forme stabili, dato che concentrazioni anche modeste di composti organici volatili ne svaluterebbero il valore agronomico. Rispetto all'azoto, la maggior parte di quest'elemento si trova sotto forma di composti non assimilabili dalle piante, contrariamente a quanto accade per il potassio.
La disponibilità di calcio di magnesio è limitata in condizioni basiche, come per esempio in materiali pirogenetici di origine vegetale ricchi in silicio, mentre è maggiore in materiali pirogenetici ottenuti da ossa e letami. I carboni di origine animale mostrano, inoltre, concentrazioni elevate anche di alluminio e di zolfo. Attualmente esistono riferimenti ai valori soglia di elementi nutritivi, metalli pesanti e composti xenobiotici solo per il biochar di origine vegetale, proposti da European Biochar Certificate (EBC) e da International Biochar Initiative (IBI).
Ceneri
I sottoprodotti dell'incenerimento di materiali biodegradabili, costituito da ceneri volanti, ceneri pesanti o una combinazione di entrambe, confluiscono nella categoria di materiali denominata "materiali a base di ceneri", o semplicemente ceneri.
Le loro potenzialità in campo agricolo dipende dalla loro ricchezza in potassio, fosforo, zolfo, calcio e magnesio, la maggior parte dei quali si trovano in forma solubile. Sulla base di queste osservazioni, è chiaro l'interesse che questo tipo di materiale ha nella produzione di fertilizzanti solidi inorganici e organo-minerali. Le ceneri non sono solo però degli efficaci concimi, ma anche degli ottimi correttivi: a contatto con la soluzione del suolo provocano un abbassamento del pH, neutralizzandone quindi l'acidità (tre tonnellate di ceneri da legno hanno un effetto correttivo equivalente a circa una tonnellata di calce viva). D'altro canto, l'applicazione eccessiva di ceneri in pieno campo può alterare i valori ottimali del pH del suolo e la conseguente diminuzione della produttività, per cui si rende necessario indicarne il potere correttivo nel caso in cui le ceneri costituiscano più del 50% del fertilizzante o dell'ammendante.
Le materie prime da cui ottenere le ceneri utilizzabili in agricoltura possono essere piante specificamente destinate a questo uso, residui del processo di smaltimento rifiuti oppure da altri processi produttivi.
Non possono essere utilizzati come materie prime rifiuti urbani e materie prime pericolose (European List of Waste CE 532/2000, Allegato III alla direttiva CE 98/2008 in materia di rifiuti).
Dato che elevati contenuti in carbonio organico incombusto rendono non solo poco stabili le ceneri, ma anche poco compatte, si propone di limitarne il contenuto al 3% oppure aggiungere additivi in grado di rendere maggiormente efficiente la combustione (regolamentati dalla normativa REACH e non oltre il 25% del prodotto finale).
Come per il biochar, anche nelle ceneri i macronutrienti essenziali per le colture sono facilmente lisciviati, soprattutto nella rizosfera, e il fosforo potrebbe non essere disponibile. Attualmente sono al vaglio i limiti per i contenuti in cloruro e sodio, onde evitare problemi di salinità eccessiva.
La criticità più importante riguarda però il contenuto in boro: quelle derivate da biomassa legnosa e carbone, se non trattate, possono dare problemi di fitotossicità (clorosi internervali, imbrunimenti e necrosi dei margini fogliari) e inibizione dell'attività microbica nel suolo. Considerati questi aspetti, è proposto un limite massimo per questo elemento di 500 mg per kilogrammo di sostanza secca.
Il manganese, tossico, non solo per piante e animali, ma anche per la salute umana, e potendo raggiungere nelle ceneri valori di 10 volte maggiori rispetto a quelli misurati nel suolo, va applicato in campo con particolare attenzione. A oggi le conoscenze legate al comportamento di quest'elemento nell'ambiente sono scarse, per cui è auspicabile l'utilizzo di saggi biologici nel caso in cui le ceneri abbiano un titolo in questo elemento maggiore del 3,5%.
Riferimenti alla normativa europea vigente
Il dibattito in sede legislativa si sta concentrando sulla definizione di rifiuto e di sottoprodotto: se un materiale STRUBIAS è il risultato di una scelta tecnica e un chiaro obbiettivo produttivo, oppure se un prodotto di risulta viene sottoposto ad altri trattamenti per essere poi usato come ingrediente in fertilizzanti, di certo non può essere considerato uno scarto. Al contrario, se i materiali STRUBIAS sono scarti di produzione o non sono prodotti con il preciso scopo di utilizzarli a fini agronomici, devono rispettare i regolamenti comunitari in materia di scarti e rifiuti CE 2008/98, CE 96/61 ecc.
I materiali che saranno immessi direttamente sul mercato come fertilizzanti, richiedono una registrazione in ottemperanza del REACH (Regolamento CE 1907/2006), qualora non sia già presente. I sottoprodotti di origine animale sono regolati dalla normativa CE 169/2009 e dalle decisioni raccolte dal DG SANTE, il direttorato generale che si occupa dei temi relativi a salute e sicurezza alimentare.
Altre normative di riferimento sono quelle relative a gestione e trasporto dei rifiuti, contenimento delle emissioni nell'ambiente, controllo dei rischi e sicurezza degli operatori. Questi materiali diventano prodotti o componenti del prodotto finale quando rispondono a tutti i requisiti stabiliti dalla specifica categoria funzionale di prodotto, e il loro ingresso sul mercato e il loro uso dipendono dal rispetto del regolamento comunitario CLP 1272/2008 relativo a "Classificazione, etichettatura e confezionamento".
L'utilizzo degli STRUBIAS in agricoltura deve essere inoltre conforme a quanto indicato nelle normative relative all'uso e alla gestione dei nutrienti nelle colture e negli allevamenti (Politica Agraria Comunitaria, PAC), alla biodiversità (Direttiva Habitat 92/43/CEE, e 82/ EEC/EEC), al contenimento dell'inquinamento delle acque (Direttiva Acque 200/60/EC).
L'inserimento nel mercato degli STRUBIAS: quale approccio?
Come già introdotto, l'interesse per i materiali come struvite, biochar e ceneri fanno parte di un progetto più ampio di ricerca di materiali di recupero e di riciclo ricchi in fosfato, al fine di ridurre la dipendenza dalle rocce fosfatiche e implementare i dettami dell'economia circolare.
Attualmente i fertilizzanti fosfatici minerali e i letami sono le fonti di fosforo dominanti il mercato agricolo europeo. Quantità esigue di questo elemento (minori all'1%) sono apportate negli agrosistemi da compost e digestati. L'uso di fosfati come fertilizzante su scala globale ammonta a più del 85% della domanda e, all'interno della comunità europea, il consumo è garantito dalle importazioni, considerando che la produzione interna può soddisfare solo il 8-14% della domanda.
Non bisogna dimenticare che molti composti fosfatici sono incorporati in miscele per concimi minerali NPK tradizionali (55%). Gli aspetti economici legati agli STRUBIAS evidenziano una situazione da studiare con attenzione: con il recupero di nutrienti dai rifiuti, dagli scarti e dai sottoprodotti dell'industria zootecnica e agroalimentare, diventa fondamentale stabilire regole e criteri che possano limitare il dilavamento dei nutrienti nei suoli e ridurre la pressione sulle materie prime vergini, coerentemente con i principi dell'economia circolare. Alcuni di questi materiali svolgono entrambe le funzioni appena citate e questo giustifica la valutazione di alcune esternalità in grado di esercitare un ruolo cruciale nell'analisi del mercato futuro.
L'inclusione degli STRUBIAS nella normativa sui fertilizzanti vede dei rischi legati soprattutto ai processi produttivi e all'utilizzo di rifiuti come materia prima.
Di conseguenza, la normativa si sta orientando verso il duplice obiettivo di garantire un profitto ai produttori che riutilizzano gli scarti di produzione e allo stesso tempo di limitare i tentativi di mascherare i rifiuti con concimi CE, punto chiave nella strategia di inclusione di questi nuovi prodotti nel regolamento.