Fonte: Periodico "Uva da Tavola"
Articolo a cura di Giovanni Manca e Gonzalo Allendes Lago,
Agronomo, delegato Sud Italia AGQ Labs Italia
Ing. Agr. PUCV- Director Técnico Corporativo AGQ Labs
Tra le numerose attività svolte da questo elemento, particolare importanza riveste la funzione strutturale. Individuare il momento di massimo utilizzo del calcio da parte del frutto è fondamentale per realizzare una bacca "ben fatta" capace di mantenere inalterati i propri pregi in fase di post-raccolta.
La fase di post-raccolta rappresenta per l'uva da tavola un periodo chiave, che influenza in maniera diretta la qualità del frutto.
Anche se si svolge un lavoro eccellente in campo in termini di difesa della coltura, se il prodotto non è in grado di "sopportare" bene il periodo che intercorre tra la raccolta e la vendita, il risultato potrebbe rivelarsi deludente.
Per raggiungere questo obiettivo, è necessario lavorare correttamente con la nutrizione. Nel presente articolo andremo a dettagliare alcuni aspetti che riguardano la fisiologia delle arboree (ed in particolare della vite ad uva da tavola) al fine di individuare il miglior modo di agire in fase di nutrizione della coltura.
Il ruolo del calcio
Tra le tante funzioni svolte dal calcio, riveste particolare importanza quella strutturale: questo elemento contribuisce alla formazione delle pareti cellulari e garantisce stabilità alle membrane delle stesse cellule. Il calcio ricopre inoltre funzioni di "messaggero" chimico tra distinti organi e tessuti della pianta.
Questo elemento viene assorbito dalle radici come ione Ca, attraverso i canali ionici.
Si tratta di una tipologia di assorbimento che dipende in la, misura dal flusso dell'acqua verso le radici, trasportando gli ioni Ca2+ fino alla superficie di queste ultime. Questo assorbimento è effettuato principalmente da nuove radici non suberizzate, ovvero dalla componente di queste che si trova in attiva crescita. Disporre del maggior numero possibile di radici in fase di crescita è la chiave alla base della "costruzione" del frutto e della sua consistenza finale: l'assorbimento del calcio non dipende dalla quantità di questo elemento che si apporta al suolo, ma dal numero di radici attive di cui la pianta dispone.
Da un punto di vista chimico-fisico, i fattori più importanti da considerare nel momento in cui si vuole favorire l'assorbimento di calcio sono la conducibilità elettrica della soluzione circolante nella zona radicale, la equilibrata relazione del calcio nella soluzione circolante rispetto agli altri cationi come Mg2+, K+, Na+ e la presenza di nuove radici in crescita attiva che sono quelle che lo assorbono in maggior quantità.
Da quanto appena esposto, è facile dedurre che la temperatura, l'ossigenazione, la struttura del suolo e la corretta irrigazione giocano un ruolo fondamentale nel processo di assorbimento di questo elemento. Un altro concetto che va precisato è che il movimento del calcio nella pianta avviene per via xilematica, non esistono evidenze solide che dimostrino il movimento di questo elemento per via floematica. Ne consegue che la strategia di fertilizzazione a base di calcio deve prediligere la via radicale.
La curva di accrescimento del frutto
In uva da tavola l'accrescimento può essere descritto con una curva doppia sigmoidea. In una prima fase si produce una consistente divisione cellulare (si tratta di un momento chiave in quanto si stanno formando le pareti e le membrane cellulari). Nelle diverse varietà di vite ad uva da tavola questo periodo può durare dalla fioritura fino a 20 giorni dopo l'allegagione. Per questo motivo, dalla formazione del grappolo visibile sino a bacca di 2-3 mm si definisce e si applica scientificamente una fertilizzazione calcica efficiente. Passato questo periodo tutto l'assorbimento del calcio non avrà alcun impatto sulla consistenza finale del frutto. Per assicurare un flusso traspiratorio capace di fornire calcio al frutto, è inoltre essenziale disporre di un germoglio di qualità al momento della fioritura, che può dirsi ottimale se in quella fase ha raggiunto almeno 60 cm.
La componente "legata" alle pareti
Sono molti i fattori che ricoprono un ruolo rilevante nel processo che permette l'accumulo di calcio nei tessuti. La funzione strutturale di questo elemento è direttamente proporzionale alla stabilità dei tessuti vegetali, al comportamento in post-raccolta del prodotto (marciumi, imbrunimenti, perdita di consistenza, ecc.) e alla possibilità di soffrire di alterazioni anche in pre-raccolta (cracking delle drupacee e uva da tavola ma anche incrinatura dell'albedo in agrumi, butteratura del melo, ecc.).
Oltre alla funzione strutturale (calcio pectato nelle pareti cellulari in forma di pectati di calcio e fosfati di calcio nelle membrane), il calcio svolge un'altra importante funzione nelle cellule vegetali.
Per questo motivo si trova localizzato anche in altri punti: solubile nell'apoplasto e nel simplasto (in forma di nitrati, cloruri e amminoacidi); insolubile in forma di precipitati nei vacuoli (maggiormente in forma di fosfati, carbonati e ossalati); residuale in forme fortemente insolubili (maggiormente silicati).
Storicamente ci si imbatte nella difficoltà di trovare correlazioni tra le alterazioni strutturali del frutto (pre e post-raccolta) e il contenuto di calcio totale dei tessuti. In questo senso, numerosi studi scientifici hanno dimostrato la relazione diretta tra la frazione di calcio legata alla parete cellulare sotto forma di pectati di calcio e il comportamento strutturale svolto dal tessuto.
Questo rende il calcio legato un nuovo e potente strumento diagnostico per ricavare informazioni riguardo possibili alterazioni della qualità della frutta. Uno dei compiti principali del calcio nella pianta è quello di formare pectati, composti chimici che formano la parete delle cellule vegetali. La sua funzione strutturale è quindi direttamente correlata alla stabilità dei tessuti vegetali e influenza la qualità e la commercializzazione del prodotto finale.
La sua presenza nelle cellule del frutto è infatti direttamente correlata con una migliore distensione e divisione cellulare, dove il calcio collabora insieme al boro ed al fosfato al miglioramento della compattezza e dell'elasticità dei tessuti. Questo si relaziona direttamente con la capacità della frutta di mantenere le sue condizioni e la sua compattezza di fronte alle manipolazioni, ai trattamenti a freddo, ad ottenere una maggiore resistenza ai patogeni e in definitiva a raggiungere una maggiore durata in post-raccolta, sino a quando il prodotto raggiungerà i diversi mercati di destinazione.
Scarsa mobilità nella pianta
Diversamente da azoto, fosforo o potassio, il calcio è poco mobile all'interno della pianta e non può essere trasportato dai tessuti più vecchi verso quelli in crescita nei momenti di carenza. Ciò si verifica perché, come già ricordato, il suo movimento avviene esclusivamente attraverso i vasi xilematici, che hanno il compito di trasportare la linfa grezza dalle radici alla parte aerea della pianta attraverso il "richiamo indotto dalla traspirazione". Se ne deduce quindi che il calcio giunge al frutto attraverso la traspirazione che quest'ultimo produce fino a quando questo rimane un organo verde traspirante. La sola analisi fogliare del calcio non può fornire indicazioni certe sul contenuto di questo elemento nel frutto perché la sua traslocazione non avviene attraverso i vasi floematici che dalle foglie muovono la linfa elaborata verso il basso e verso i frutti stessi.
In piante molto vigorose, inoltre, può prodursi una deficienza "occulta" di calcio nei frutti perché l'eccesso di evapotraspirazione causato dall'elevata vigoria muove il calcio in maniera esagerata alle foglie a discapito del frutto. Il calcio è un elemento che registra in uva da tavola una piccola quantità di assorbimento nei 27 giorni successivi al germogliamento. Posteriormente l'accumulo si intensifica aumentando da 5,9 g della fase di germogli di 60-70 cm sino ad un massimo di 62,92 g nelle 8 settimane successive la raccolta.
In contrasto con azoto, potassio e fosforo, il contenuto di calcio nei grappoli alla raccolta è molto più basso che negli altri organi vegetativi. Nelle foglie si immagazzina il 67,06% del calcio totale mentre nei grappoli solo il 6,82%.
Le forme del calcio
Una grande quantità del calcio contenuto nei frutti si trova in forma di ossalato. La mancanza di correlazione tra contenuto di calcio totale e qualità/consistenza della frutta è dovuta al fatto che la frazione di calcio presente come ossalato insolubile può essere alta e/o variabile.
Se ne deduce quindi che una semplice analisi della quantità totale di calcio presente nel frutto non sarà certo indicativa della reale percentuale di questo elemento che realmente svolgerà compiti strutturali e che quindi può fornire indicazioni sulla qualità del prodotto. La maggior parte dei lavori di ricerca realizzati in passato stimavano il calcio legato alle pareti cellulari in forma indiretta, per differenza tra calcio totale e calcio solubile. Tale procedimento non è da ritenersi corretto, in quanto viene sovrastimata la frazione di calcio legato per addizione delle frazioni insolubili e residuali, che a volte sono superiori alla frazione legata. Il dipartimento di ricerca e sviluppo dell'area agronomica di AGQ Labs, un centro tecnologico chimico presente da alcuni anni anche in Italia, ha iniziato a disegnare un modello di sviluppo specifico attraverso l'analisi del calcio legato e del calcio totale con limiti di rilevazione più bassi rispetto a quelli utilizzati nella lamina fogliare. Con questi test, condotti in parallelo nei laboratori di Spagna e Cile, si sono studiate le evoluzioni delle frazioni di calcio per tutto il periodo di maturazione dei frutti e le differenze tra frutti con e senza alterazioni (cracking, butteratura, ecc.). Il metodo è stato messo a punto effettuando estrazioni specifiche, in modo tale da poter analizzare le differenti frazioni del calcio attraverso l'utilizzo dello spettrofotometro di emissione a plasma (ICP).
Rimodulare gli apporti di calcio
Poter contare su una attiva crescita delle radici e guardare al loro sviluppo è un fattore essenziale per il corretto assorbimento del calcio. Come ci ha ricordato Antoine de Saint-Exupèry nel "Piccolo Principe": L'essenziale è invisibile agli occhi.
Per apportare correttamente questo elemento si deve prevedere in prima battuta un controllo delle relazioni cationiche nella soluzione del suolo e una fertilizzazione calcica eseguita applicando un protocollo scientifico che garantisca il corretto assorbimento da parte della pianta. Inoltre è necessario rimodulare gli apporti di calcio tenendo conto dei momenti in cui fisiologicamente il frutto ne ha più bisogno. Infine è necessario assicurarsi di disporre di germogli di qualità in fase di fioritura, con un buon numero di foglie che traspirano e permettono al calcio di giungere nei frutti. Per muovere opportunamente queste leve, individuare correttamente momento e dosi ottimali, la misurazione e l'analisi del frutto volta a determinare differenti parametri tra cui calcio pectato e calcio totale, rappresenta un valido strumento diagnostico. Questo tipo di informazioni permettono inoltre di valutare i parametri qualitativi collegati all'aspetto del prodotto ed alla sua "vita utile".
Si tratta di informazioni importanti per l'esportatore, che deve decidere il destino (vicino o lontano) nello spazio e nel tempo delle uve che sta gestendo, premessa obbligata per commercializzare con successo le uve anche verso i mercati più lontani.